Dodici anni per la realizzazione dello spettacolo; insieme a I Miserabili, Il Fantasma dell’Opera ed Il Re Leone è il musical con maggior tenuta nel West End di Londra per 600.000 biglietti venduti e 2700 performance al Dominion Theatre. Tutto questo è We Will Rock You, musical con le musiche dei Queen, ideato dallo stesso gruppo inglese in collaborazione con Ben Elton.
Ci troviamo in un ipotetico futuro intorno all’anno 2300. Un mondo dominato dalla musica elettronica, generata da sintetizzatori per la messa al bando nel 2050 di ogni forma di strumento musicale. Un mondo sicuro e felice, dove tutti guardano gli stessi film, vestono la medesima moda, pensano all’unisono. È il mondo Ga-Ga. Ma nelle intercapedini di questo mondo “perfetto” si muove una resistenza strisciante, una tribù di border-line i Bohemian, con nomi presi a prestito da un passato musicale “dimenticato” che vive del ricordo di antichi profeti del rock come Kurt Cobain, Jim Morrison, John Lennon, Jimmy Hendrix, Elvis Presley e naturalmente il più grande di tutti… Freddie.
Ma la guerra di resistenza contro il mondo Ga-ga è destinata a sconfitta senza l’aiuto, come racconta la profezia, di un uomo che sogna, che conosce i testi antichi (le canzoni rock) nella lingua arcaica (l’inglese). Quest’uomo, questo ragazzo ancora inconsapevole della sua missione ha un nome: Galileo. Riuscirà a portare la rivoluzione nell’universo della musica?
Se la trama può apparire puerile e pretestuosa We Will Rock You, nella versione italiana suonata dal vivo, recitato in italiano ma con le canzoni eseguite nella lingua arcaica (l’inglese), è uno spettacolo eccellente, tutto da vedere ed ascoltare.
Diciamolo subito. Le canzoni dei Queen, non sono facili da eseguire. La voce del loro leader era talmente particolare ed inimitabile, che gli stessi non sono sopravvissuti, nonostante i tentativi, alla sua scomparsa. Lo scetticismo preventivo era quindi del tutto giustificato. Scetticismo che si è sciolto sin dalle prime note dello spettacolo, e svanito lungo la sua durata. Quello che poteva essere il punto debole dello show, ne costituisce uno dei due cardini fondanti. Le musiche dei Queen rielaborate in nuovi arrangiamenti che non tradiscono lo spirito degli originali, esaltano le voci soliste e corali degli attori/cantanti che rivelano – sopratutto in quelle femminili – potenza, espressività e controllo davvero notevoli. E quando risuonano le note immortali di Hits quali “I Want to Break Free”, “A Kind of Magic”, “I Want It All”, “These Are the Days of Our Lives”, “Who Wants to Live Forever” per arrivare a “We Will Rock You”, “We Are the Champions” e “Bohemian Rhapsody”, le emozioni scorrono veloci ed inesorabili.
Uno spettacolo da ascoltare come un concerto, ma insieme tutto da vedere. Imponente ed impressionante l’impianto luci, ideato e realizzato dai tecnici ed ingegneri responsabili di alcuni dei più importanti live show degli U2, Pink Floyd, Rolling Stones e Le Cirque du Soleil. Luci che riempiono lo spazio lasciato vuoto da scenografie scarne ma essenziali, che precipitano lo spettatore in un trip allucinogeno e psichedelico.
Plauso all’ottimo cast italiano, che per una volta non fa rimpiangere quello originale: Gianluca Merolli (Galileo) ha il compito più arduo, dovendosi confrontare con il mito di Freddie. Intelligentemente non ci prova neanche ad imitarlo, ma sceglie una strada personale che ne esalta la vocalità calda e profonda; Martina Ciabatti (Scaramouche) dal fisico esile ma con una voce incredibilmente esplosiva; Valentina Ferrari (Killer Queen) capace di condire le sue performance con accenti blues. L’intero cast è da elogiare, non esclusi il corpo di ballo che canta, recita, danza e riempie il palcoscenico di energia trascinante. Nota di merito alla band che guidata dal maestro Roberto Zanaboni (collaboratore di artisti Mina, Mia Martini, Rino Gaetano, Fossati, Tozzi, Zarrillo e Ruggeri) che pur non essendo i Queen, ne riesegue lo spirito musicale in maniera impeccabile e trascinante.
Uno spettacolo eccellente, da vedere e potendo – visti i costi quasi proibitivi dello spettacolo – rivedere.
Unico difetto, se proprio vogliamo essere fiscali, è l’eccessiva sottolineatura di alcuni caratteri “leggeri” dei diversi personaggi, trasformandoli in pura macchietta alla ricerca della facile risata da parte del pubblico. Un espediente di cui si abusa spesso e volentieri nel teatro leggero italiano, che serve a coinvolgere ed entrare in empatia con il pubblico. Ma quando questo è già conquistato e vive in simbiosi con gli attori lo spettacolo, diventa un espediente inutile ed alquanto fastidioso.
La traduzione italiana del testo attinge ad episodi di cronaca “musicale” (vedi i Jalisse vincitori a Sanremo) e condisce i dialoghi con i testi recitati di noti hit tutti italiani, ma sono perfettamente calati nel contesto e strappano più di una risata. Per il resto We Will Rock You è una vera “rapsodia” (termine di origine greca ad indicare la presentazione da parte di un rhapsoidos, cantore o narratore, della parte di un poema nel corso di una tragedia)… naturalmente bohemien
Uno spettacolo eccellente, da vedere e potendo – visti i costi quasi proibitivi dello spettacolo – rivedere.
Unico difetto, se proprio vogliamo essere fiscali, è l’eccessiva sottolineatura di alcuni caratteri “leggeri” dei diversi personaggi, trasformandoli in pura macchietta alla ricerca della facile risata da parte del pubblico. Un espediente di cui si abusa spesso e volentieri nel teatro leggero italiano, che serve a coinvolgere ed entrare in empatia con il pubblico. Ma quando questo è già conquistato e vive in simbiosi con gli attori lo spettacolo, diventa un espediente inutile ed alquanto fastidioso.
La traduzione italiana del testo attinge ad episodi di cronaca “musicale” (vedi i Jalisse vincitori a Sanremo) e condisce i dialoghi con i testi recitati di noti hit tutti italiani, ma sono perfettamente calati nel contesto e strappano più di una risata. Per il resto We Will Rock You è una vera “rapsodia” (termine di origine greca ad indicare la presentazione da parte di un rhapsoidos, cantore o narratore, della parte di un poema nel corso di una tragedia)… naturalmente bohemien.
Autore | Queen, Ben Elton |
Regia | Maurizio Colombi |
Musiche | Queen |
Scene | Mark Fisher |
Costumi | Tim Goodchild |
Coreografie | Arlene Phillips |
Interpreti | Gianluca Merolli, Martina Ciabatti, Valentina Ferrari, Salvo Bruno, Loredana Fadda, Paolo Barillari, Massimiliano Colonna, Mary Dima, Marco Bebbu, Nadia Scherani, Giuseppe Galizia, Emily Angelillo, Camilla Maffezzoli, Lynn Jamieson, Eleonora Barbacini, Valentina Corrao, Pamela Buggiani, Eugenia Goria, Andrea Borin, Diana Verona, Erika Arioso, Arianna Sala, Chiara Sarcinella |
Durata | 130' |
Produzione | Barley Arts, Queen Theatrical Productions, Phil McIntyre Entertainments, Tribeca Theatrical Productions |
Anno | 2009 |
Genere | musical |
Applausi del pubblico | Fragorosi |
Nessun commento