Già dal soprattitolo dello spettacolo, Tributo a George Gershwin, riceviamo una chiara indicazione su quanto troveremo in scena: una carrellata di alcuni tra i maggiori successi del compositore statunitense, dove la ripresa della trama de Un americano a Parigi (1952) funziona solo da pretesto per tenere insieme il tutto. Il risultato finale, comunque, è un musical frizzante e colorato, affidato alle cure di un cast eccezionale.
Il Do d’inizio non è però sui protagonisti della vicenda, il pittore Gimmy e la commessa Fanny, bensì sui loro interpreti, appunto Michele (Carfora), Arianna (Bergamaschi) e il resto della compagnia, impegnati a teatro proprio nelle prove per Un Americano a Parigi. Le scene successive rimbalzano dunque dall’intreccio parigino alle prove in teatro, conferendo un ritmo ed un’energia nuova a personaggi e vicende più che noti al pubblico, assicurando partecipazione ed attenzione. Già perché visti in quest’ottica quasi metateatrale, Gimmy e gli altri si sgrullano di dosso definitivamente la patina Anni ’50 un po’ retrò (e che a qualcuno potrebbe far storcere il naso), guadagnando in concretezza e autoironia (Gimmy su tutti). Fondamentale in questo è ovviamente l’impegno del cast tutto, che però, nonostante la bravura dimostrata, non riesce del tutto a renderci digeribili i momenti di romanticismo. Forse su corde troppo sentimentali, questi rischiano a tratti di contrastare eccessivamente con la brillante ironia che caratterizza il resto dello spettacolo, nonostante le buone intenzioni della coppia Carfora-Bergamaschi.
Michele Carfora è il vero istrione della serata e, forte della lunga esperienza maturata nel teatro musicale, diletta egregiamente il pubblico tanto col ballo che col canto, riuscendo anche a regalare un Gimmy “simpaticone” ma non per questo piatto o troppo stereotipato. Elimina qualsiasi possibilità di confronto con Gene Kelly, accennando soltanto a qualche passo di tip tap e liberandoci di uno spettro che altrimenti avrebbe potuto pregiudicare il buon esito del suo personaggio, magnetico e convincente. Altra punta di diamante è sicuramente Arianna Bergamaschi nel ruolo di Fanny, ottima controparte di Carfora: la sua voce non delude mai, meravigliosa e potente come sempre, ma la cantante si difende benissimo anche nelle parti danzate. Al fianco dei due protagonisti troviamo un Danilo Brugia sicuro nel canto e nella recitazione e una Barbara Terrinoni alla prima (convincente) esperienza nel teatro musicale. Nota di merito anche per Jean Michel Danquin, protagonista di un bell’intermezzo di tip tap su pianoforte e vera anima comica dello spettacolo, oltre che eccezionale ballerino. Ad accompagnare gli interpreti principali, un corpo di ballo nutrito e capace.
Possiamo affermare con sicurezza che l’obiettivo di rendere omaggio a Gershwin è stato pienamente raggiunto. Da Let’s Call the Whole Thing Off, Wonderful a I’ll Build A Stairway To Heaven è la sua musica ad essere protagonista dello spettacolo, e le voci degli interpreti scelti (dal primo all’ultimo) gli rendono più che giustizia.
Titolo | Tributo a George Gershwin - Un americano a Parigi |
Autore | Lena Sarsen |
Adattamento | Tiziana D'Anella |
Regia | Enzo Sanny |
Musiche | George Gershwin, Ira Gershwin |
Scene | Andrea Bianchi |
Costumi | Martina Piezzo |
Coreografie | Stefano Vagnoli |
Luci | Massimo Tomasino |
Interpreti | Michele Carfora, Arianna Bergamaschi, Danilo Brugia, Barbara Terrinoni, Jean Michel Danquin |
Durata | 120' |
Produzione | Medea Produzioni |
Anno | 2017 |
Genere | Musical |
Applausi del pubblico | Ripetuti |
In scena | fino al 2 aprile al Teatro Greco di Roma |
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