C’è un che di rivoluzionario nel testo “The Pride” del drammaturgo e attore americano di origini greche Alexi Kaye Campbell, portato in scena da Luca Zingaretti. La rivoluzione sta nel cardine attorno al quale ruota la storia: l’amore. Nella sua apparente semplicità e forse anche nella banale ripetitività: è attorno a questo sentimento che gira il mondo intero. E questa pièce, in piccolo, ne è un esempio.

Luca Zingaretti in una scena di "The Pride"

Luca Zingaretti in una scena di “The Pride”

Siamo a Londra ma in due epoche diverse: 1958 e 2015. Si parte dal 1958 e da una serata speciale. Sylvia (che ha il corpo nervoso e la voce sussurrante di Valeria Milillo) è un’ex attrice e sta lavorando alle illustrazioni del libro di Oliver, uno scrittore per ragazzi. Da tempo avrebbe voluto presentarlo al marito Philip e quella sera, finalmente, escono a cena insieme. Sylvia ha dedicato tutta se stessa al proprio matrimonio, al punto da scomparirvi dentro. Philip fa l’agente immobiliare, mostra case vuote alle persone. È l’uomo del “prima o poi”, del “vorrei ma non posso”. L’eterno sospiro appeso alla bocca della vita. Oliver è il fiume in piena che travolge le esistenze di questa coppia tenuta assieme da convenzioni e abitudini. Sarà lui a permettere a Philip di vivere, di essere se stesso, accettando, seppure per poco, il suo essere gay.

Il passaggio nel 2015 è una transizione cinematografica. Mentre sta per terminare un’epoca, entra l’altra, con piani che si sovrappongono, scene e costumi che si modificano. Nel 2015 ci si trova perciò davanti a una serata di tutt’altro genere. Oliver è un giornalista gay e ha appena rotto con Philip, un fotoreporter con il quale ha avuto una storia di due anni. Sylvia è amica di entrambi, è lei che li ha fatti conoscere e sarà lei che cercherà di farli ritrovare.

Maurizio Lombardi, Valeria Milillo e Luca Zingaretti in una scena di "The Pride"

Maurizio Lombardi, Valeria Milillo e Luca Zingaretti in una scena di “The Pride”

La regia di Luca Zingaretti non è particolarmente incisiva. Lascia spazio al testo. Di sicuro non è il protagonista della storia e generosamente, pone il timone dello spettacolo nelle mani dei suoi comprimari. Primo fra tutti il bravissimo Maurizio Lombardi che riesce istrionicamente ad entrare e uscire da due personaggi, così distanti tra loro, nello spazio di un secondo senza incertezze né sbavature, senza confondersi o confondere.

La generosità di Zingaretti verso gli attori e verso il testo è la cifra di questo spettacolo presentato proprio come una scommessa dallo stesso attore-regista. L’alternanza delle due storie, i cui personaggi conservano gli stessi nomi, dà ritmo alla pièce che risulta drammaturgicamente strutturata. Almeno sino al finale dove lo scontro tra le due storie è innanzitutto lo scontro tra due epoche. Ed è proprio qui che la forza del testo si perde un po’, costruendo una chiusa in cui la retorica vince facile. Nel volgersi di entrambe le vicende, così uguali ma così terribilmente diverse e lontane, il messaggio è forte. Accoglierlo e diffonderlo senza cadere nel luogo comune era davvero difficile.

 

TitoloThe Pride
AutoreAlexi Kaye Campbell con la traduzione di Monica Capuani
RegiaLuca Zingaretti
MusicheArturo Annecchino
SceneAndrè Benaim
CostumiChiara Ferrantini
LuciPasquale Mari
InterpretiLuca Zingaretti, Valeria Milillo, Maurizio Lombardi, Alex Cendron
Durata125'
ProduzioneProduzione Zocotoco Srl
Anno2015
Applausi del pubblicoScroscianti
In scenaFino al 6 dicembre 2015 al Teatro Argentina