Con “The Power Of Theatrical Madness” (Il potere della follia teatrale, 1984) e “This Is Theatre Like It Was To Be Expected And Foreseen” (Questo è teatro come ci si doveva aspettare e prevedere, 1982), il RomaEuropaFestival 2013 consacra Jan Fabre e la sua opera di regista teatrale e autore visivo. Completa il quadro la mostra retrospettiva “Stigmata. Actions & Performances 1976-2013”, visitabile al museo MAXXI di Roma fino a gennaio 2014.
Il fil rouge che contraddistingue l’opera di Fabre è, da sempre, lo studio e la sfida sul corpo: corpi per i corpi, corpi contro corpi, corpi affaticati e massacrati da sequenze ripetute all’infinito. Sono i corpi dei performer (ballerini e attori) della compagnia Troubleyn, andati in scena a Roma al Teatro Eliseo il 16, 17 e 20 ottobre nelle due rappresentazioni teatrali che il regista ha ideato nei primi anni Ottanta al grande pubblico. Aveva solo 24 anni e suscitò non poche proteste per il suo innovativo concetto della “mise en scene”. Nella folle corsa alla ricerca della verità scenica, Fabre contrappone il concetto di “performance” a quello di “messa in scena” intesa come finzione: solo attraverso una prestazione efficiente, ripetuta infinite volte il corpo, allo stremo delle forze, è in grado di raggiungere la verità scenica. “Per-for-mance significa una persona che per-fo-ra sé stessa”, ha dichiarato Fabre a New York il 20 febbraio 1982.
Ed è la follia del teatro che il regista rappresenta, portando allo sfinimento sul palcoscenico i performer in una continua sfida fisica e mentale contro loro stessi. In scena ballerini e attori (“I guerrieri della bellezza” come ama definirli Fabre), sono corpi che eseguono un compito, portati a reagire allo sforzo fisico, attivi, reattivi, scaltri. Nelle sequenze che si susseguono lungo le 12 ore di spettacolo (quattro nel primo e otto nell’altro), la follia del teatro è rappresentata nei temi cardine. Il corpo dell’attore è bendato e ripete all’infinito frasi con la stessa intonazione, esattamente come i pappagalli legati alla sua caviglia da sottili cordicelle; si spoglia di se stesso per fare spazio alle centomila personalità che può incarnare, ed è sempre lui che, come un danzatore Sufi, rotea su sé stesso nell’intento di raggiungere il divino, fino a cadere a terra esanime. È infine proprio il corpo dell’attore che, in gara con l’altro, si spoglia e si riveste di camicia, giacca e pantalone, in una gara massacrante alla ricerca del movimento perfetto.
Colpisce come a 30 anni dalla sua concettualizzazione, questo spettacolo non abbia perso le motivazioni di fondo e riproponga in maniera chiara e semplice l’interrogativo della recitazione naturalistica, contrapposta a quella realistica. E i 15 minuti di applausi al termine dello spettacolo lo testimoniano.
Titolo | The Power Of Theatrical Madness/This Is Theatre Like It Was To Be Expected And Foreseen |
Autore | Jan Fabre |
Regia | Jan Fabre |
Musiche | Wim Mertens / Guy Drieghe |
Scene | Jan Fabre |
Costumi | Katarzyna Mielczarek |
Interpreti | Maria Dafneros, Piet Defrancq, Melissa Guèrin, Nelle Hens, Sven Jakir, Carlijn Koppelmans Georgios Kotsifakis, Dennis Makris, Lisa May, Giulia Perelli, Gilles Polet, Pietro Quadrino, Merel Severs, Nicolas Simeha, Kasper Vandenberghe |
Anno | 2013 |
Genere | Performance |
Applausi del pubblico | Fragorosi |
Compagnia | Troubleyn |
In scena | Teatro Eliseo 16, 17 e 20 ottobre 2013 |
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