Al Teatro la Comunità di Giancarlo Sepe va in scena l’ultima replica dell’anno di “The Dubliners” di James Joyce. Presentato al Festival di Spoleto 2014, lo spettacolo ha registrato il tutto esaurito per due mesi. Nella sala del teatro, eletto sede dei lavori sperimentali del regista, addetti ai lavori, attori, registi e appassionati di teatro si sono immersi nella nebbiosa e ovattata Dublino degli inizi del ‘900, intraprendendo un viaggio nel tempo alla ricerca di quella atmosfera di cui è intriso il testo di Joyce.

Dopo aver affrontato l’infanzia, l’adolescenza e la maturità, lo scrittore lascia a “I morti” (The Deads) – l’ultimo dei quindici racconti di “Gente di Dublino” – il compito di trasmettere al lettore un lieve messaggio di speranza attraverso la presa di coscienza della situazione di stallo in cui versano i due protagonisti, emblemi di una società paralizzata e spoglia di valori morali. Grazie alla poetica maestria di Sepe e alla bravura dei nove attori, rivive sulla scena, come in The Deads, l’immagine di una borghesia decrepita, immersa nell’insignificante apatia, che festeggia svogliatamente qualcosa di indefinito, replicando gli stessi riti: si lascia che il tempo scorra senza che nessuno si preoccupi di prendere in mano la propria vita e le proprie passioni. E così Gretta, moglie di Gabriel, nipote prediletto delle tre signorine Morkan, artefici del ballo annuale che riunisce la borghesia irlandese, si accorge di aver vissuto da sempre nel passato, immersa nel ricordo di un amore mancato. Dal canto suo Gabriel, sposato per ragioni di convenienza, prende coscienza della mediocrità nella quale si è lasciato scivolare durante gli anni del matrimonio.

Al centro della spazio scenico il protagonista è un grande tavolo rettangolare sul quale è adagiata una tovaglia di fiori: crisantemi rossi, gialli e bianchi vengono rimestati ossessivamente dalle mani dei nove personaggi. L’immagine che Sepe restituisce al pubblico è acre; gli attori sono in scena immersi in uno stato di coscienza alterata: i corpi distesi a terra si dibattono in spasmi epilettici in quello che sembra essere un risveglio, ma è solo l’inizio di un’agonia. I corpi si risvegliano e risalgono il tavolo, letto di morte di quella che sarebbe potuta essere la loro vita: uno spartito musicale, un libro, una lettera forse contenente una promessa. Una litania lontana sembra accompagnarli nella lamentosa ricostruzione della vita non vissuta per mancanza di coraggio. Vengono portate in processione intorno al tavolo, le sagome di cartone di loro stessi, a celebrare il rito funebre del rassegnato abbandono delle proprie vite: la santificazione dello stato apatico.

Sepe regala ancora una volta al pubblico un racconto per immagini forti, che ben si adattano al periodo storico vigente. La capacità metaforica che accosta la perdita dei valori del nostro tempo a quella del popolo irlandese è sorprendente. La poetica delle immagini è altissima e solenne. In un momento storico in cui l’arte è capace di rappresentare la crisi sociale e dei valori, ma non di indicare una strada, Sepe porta in scena il pensiero di grandi autori come Joyce e il messaggio di consapevolezza come chiave di volta per uscire dalla situazione di paralisi morale. Un tentativo riuscito, che apre la strada alla riflessione sul ruolo del teatro contemporaneo.

TitoloThe Dubliners
AutoreJames Joyce
AdattamentoGiancarlo Sepe
RegiaGiancarlo Sepe
MusicheDavide Mastrogiovanni e harmonia team
SceneCarlo de Marino, Lorenzo Castelli
CostumiCarlo de Marino
InterpretiGiulia Adami, Lucia Bianchi, Paolo Camilli, Federico Citracca, Manuel D'amario, Giorgia Filanti, Domenico Macri', Caterina Pontrandolfo, Guido Targetti. Voce Pino Tufillaro.
Durata60'
ProduzioneBis Tremila srl
OrganizzazioneTeresa Rizzo
Applausi del pubblicoScroscianti
In scenaTeatro La Comunità repliche fino al 21 dicembre, dal giovedi al sabato ore 21 - domenica ore 18