«Non riesco a pensare con una mano sola!»: dice la signora Clackett (Viviana Toniolo) in un’irresistibile battuta che, in fondo, nasconde in sé il nucleo dello spettacolo. La commedia scritta nel 1982 dall’autore inglese Michael Frayn si gioca proprio su un accavallamento crescente di frasi, gesti e movimenti, che si ripetono e sovrappongono in una proliferazione inarrestabile. Una tendenza al loop accumulatorio affine a quella che il regista polacco Zbigniew Rybczyński ideava, pochi anni prima, per il geniale cortometraggio “Tango“.
Protagonista di “Rumori fuori scena” è una sgangherata compagnia di attori che cerca di allestire una pièce improbabile, zeppa di doppi sensi e trovate surreali, tutta costruita attorno alle innumerevoli porte che si aprono e si chiudono sui due livelli della scenografia (inferiore e superiore) collegati da una scala traballante. Ma ecco che i livelli si moltiplicano, con un gioco metateatrale elevato all’ennesima potenza; perché oltre al “sopra” e “sotto” della commedia rappresentata sul palco, Frayn mostra ciò che accade “di lato” e “dietro” la scena: letteralmente e metaforicamente.
I tre atti di “Rumori fuori scena” ci raccontano uno spettacolo tre volte: tre punti di vista che sono tre variazioni sul tema, attraverso un meccanismo che sembra uscito dalla narrativa combinatoria di Raymond Queneau. Frayn rivela così la confusione e lo spaesamento della prova tecnica che precede la “prima”, il disordine più o meno organizzato che regna dietro le quinte mentre sul palco va in scena lo spettacolo, infine la degenerazione che travolge la compagnia quando si arriva ad una delle ultime repliche.
Frayn porta in scena ciò che è fuori scena, e viceversa. La comicità della pièce che gli attori vorrebbero interpretare si intreccia a quella – involontaria e ben più spassosa – che essi generano a causa di errori e imprevisti, tic e rivalità reciproche. C’è il regista dongiovanni, che si sente inascoltato demiurgo e prova a tenersi in equilibrio fra le numerose tresche; c’è l’attore ubriacone che si perde all’inseguimento della bottiglia, sempre nascosta e sempre in scena; e c’è l’attrice svampita, che procede imperterrita con le proprie battute anche quando intorno a lei tutto è stravolto.
“Rumori fuori scena” è un caos apparente, in cui dettagli che possono sembrare marginali e spiazzanti acquistano logica drammaturgica; un meccanismo impazzito che per funzionare richiede una messa in scena attentissima e un affiatamento perfetto, una sincronia attoriale così precisa da diventare coreografia. Giunta al trentacinquesimo anno di repliche, la compagnia Attori & Tecnici non cambia nulla: regia e adattamento sono quelli originali del fondatore Attilio Corsini, così come la scenografia di Bruno Garofalo e le musiche di Arturo Annecchino; perfino il cast è rimasto in gran parte lo stesso. Si va sul sicuro: niente rischi o sperimentazioni, ma la capacità di mettere in scena con professionalità un “classico” che attira e conquista anche il pubblico più giovane. Un cult che si fa guardare e riguardare, strappando risate e applausi a scena aperta.
Titolo | Rumori fuori scena |
Autore | Michael Frayn |
Regia | Attilio Corsini |
Interpreti | Viviana Toniolo, Annalisa Di Nola, Stefano Messina, Carlo Lizzani, Roberto Della Casa, Massimiliano Franciosa, Claudia Crisafio, Sebastiano Colla, Viviana Picariello |
Produzione | Attori & Tecnici |
Genere | commedia |
Applausi del pubblico | A scena aperta |
In scena | dal 12 al 23 dicembre 2017 al Teatro Vittoria - Piazza Santa Maria Liberatrice, 10 - Roma |
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