Quel che resta sul palco del Teatro Vittoria dopo che “Per questo mi chiamo Giovanni” è finito, sono un padre e un figlio che si tengono la mano e si inchinano per i ringraziamenti, abbracciandosi per gli applausi. Resta la scena illuminata, senza i trucchi delle ombre. Solo qualche sedia ribaltata e un lenzuolo bianco, enorme, lunghissimo, che fa inciampare gli attori anche durante la recita. Un lenzuolo per ricreare lo onde del mare e l’autostrada Palermo – Capaci: un telo bianco per coprire i fatti e i protagonisti. In “Per questo mi chiamo Giovanni” non c’è nulla di creativo, non si tratta di un’opera dall’alto valore estetico e non pretende nemmeno di averne. La mira infatti è indirizzata sull’aspetto sociale: Giovanni (Pietro Messina) è un bambino di Palermo, nato in un giorno particolare, il 23 maggio 1992. Suo padre (Stefano Messina) ha deciso di regalargli per quella data una gita al mare, a Mondello. Sarà questa l’occasione per svelare la verità sul suo nome.

“Per questo mi chiamo Giovanni”, pièce rivolta ai ragazzi e alle scuole, adattata da Gianni Clementi, prende corpo dalle pagine del romanzo che Luigi Garlando ha scritto per raccontare la storia del giudice Giovanni Falcone. E lo fa in un modo sereno, attraverso le parole di un padre che ha vissuto quegli anni, che vide la Fiat Croma su cui viaggiava il giudice e la sua scorta. Il piccolo Giovanni  la mafia non sa nemmeno cosa sia, nonostante la viva a scuola nei continui ricatti di un ragazzino prepotente che estorce i soldi della paghetta a lui e agli altri  bambini. Su questa metafora, il padre gli racconta la storia di Giovanni Falcone e della mafia, con il linguaggio semplice del pallone: da una parte la squadra dei giusti Rocco Chinnici, Paolo Borsellino, Carlo Alberto Dalla Chiesa e dall’altra quella dei boss, dei “mostri”, come li chiama Giovanni, formata da Totò Riina, Pietro Aglieri e Giovanni Brusca.

Oltre a interpretare il ruolo del padre, Stefano Messina firma anche la regia di questo atto unico, interpretando se stesso: un genitore che ha a cuore l’urgenza di dire e manifestare alle nuove generazioni un messaggio importante. Lo schermo in fondo alla scena ricorda i fatti accaduti e proietta il cartello di Capaci, l’albero piantato sotto la casa del giudice in suo ricordo e poi i volti di chi ha difeso lo Stato e che lo Stato non è riuscito a difendere.

Spettacolo didascalico dall’alto valore sociale che riesce a far passare i sentimenti di chi lo interpreta, che offre una prova attoriale genuina. Pietro Messina è un bambino di dieci anni e la sua è una recita sbrigativa, timida, che zoppica persino in molti momenti, ma è una testimonianza vera, commossa, che solo il teatro, proprio perché luogo magico, riesce a tradurre in umanità.

TitoloPer questo mi chiamo Giovanni
AutoreLiberamente ispirato al romanzo di Luigi Garlando
AdattamentoGianni Clementi
RegiaStefano Messina
SceneSalvo Manganaro
LuciEmiliano Baldini
Aiuto regiaViviana Picariello
InterpretiStefano Messina, Pietro Messina
Durata80'
ProduzioneAttori&Tecnici
Anno2014
GenereCommedia
Ideazione e realizzazione tecnicaRiccardo Baldini
In scenaTeatro Vittoria dal 6 al 23 novembre