È intrappolata in un abito da sposa color bianco spento Emma Bovary; ma la sua anima è rosso fuoco, anzi fucsia, come il vestito che indosserà per partecipare al ballo, rara serata di eccitazione in una vita matrimoniale per lei piatta, monotona, insopportabile. È percorsa da un insopprimibile impulso vitale di libertà, arde di una passione e di un’ambizione che non sa come e dove esprimere. Se non può trasgredire davvero è disposta anche ad inventarsela, quella trasgressione: come quando, da piccola, Emma raccontava in confessione peccati che non aveva mai commesso. Non tollera la bruttezza, non tollera la stupidità ed è questo che Madame Bovary vede nelle persone che le vivono accanto. Non prova amore per il marito, mediocre dottorino di campagna privo di coraggio, che si accontenta di eseguire salassi e qualche ingessatura ogni tanto. Non ama neppure la figlia, da cui rifugge il minimo contatto fisico: la considera creatura inanimata e inutile, irritante perfino.
Padrona della scena, Lucia Lavia incarna una Madame Bovary fisica e impetuosa: grida, sviene, si scompiglia e si impolvera, il volto teso a trattenere la rabbia, il corpo che si contorce di desiderio, la collana di perle che le scende di traverso. Figlia di Gabriele Lavia e Monica Guerritore, l’attrice mostra un’accentuata enfasi, specialmente nei monologhi: ma gli eccessi sono illuminati da lampi d’ironia e adeguati ad interpretare la carnale e inquieta Emma, animale selvaggio in cattività. Un’interpretazione che si esalta nella contrapposizione con il marito Charles (Lino Musella): inetto, insicuro, fastidiosamente gentile; vigliacco e passivo, incapace di dire di no, ma anche dotato di una stolida tenerezza.
Diversi personaggi orbitano attorno alla bella ed egoista Bovary, ognuno con un proprio ruolo e complessità, tutti ben interpretati. Il padre sbrigativo e il farmacista meschino, il commerciante imbonitore e usuraio, la figlia come bambola affidata alla balia e gli amanti vagheggiati o reali. E il servitore zoppo: l’unico per cui Emma sembra provare, almeno per un istante, un moto di sincera compassione. Gli attori si muovono su due livelli, con terrazzino sospeso e pannelli reticolati continuamente spostati a destra e sinistra. Una scenografia a tratti macchinosa e non sempre in sintonia con lo sviluppo della pièce, che contribuisce comunque a ricreare il freddo squallore della gabbia borghese: le convenzioni sociali di cui i personaggi sono ostaggio più o meno consapevole.
Quello scritto da Letizia Russo e diretto da Andrea Baracco è uno spettacolo d’impostazione classica; porta in scena il romanzo che Flaubert scrisse nel 1856 e che fu subito accusato di “oltraggio alla morale” e, attraverso un adattamento dal linguaggio e dai gesti moderni, ne sa far riaffiorare l’audacia anticonformista. Con caustico cinismo, ci presenta una donna amorale, priva di istinto materno e forse anche di sentimenti, se non per se stessa. Una “Madame Bovary” drammaticamente, autenticamente, antieroina e antiromantica.
Titolo | Madame Bovary |
Autore | Gustave Flaubert |
Adattamento | Riscrittura di Letizia Russo |
Regia | Andrea Baracco |
Musiche | Giacomo Vezzani |
Scene | Marta Crisolini Malatesta |
Costumi | Marta Crisolini Malatesta |
Luci | Pietro Sperduti |
Interpreti | Lucia Lavia, Lino Musella, Gabriele Portoghese, Mauro Conte, Laurence Mazzoni, Roberta Zanardo, Elisa Di Eusanio, Xhuljo Petushi |
Durata | 180' |
Produzione | KHORA.TEATRO. Prodotto da Alessandro Preziosi, Tommaso Mattei, Aldo Allegrini |
Anno | 2016 |
Applausi del pubblico | Ripetuti |
In scena | dal 24 febbraio al 6 marzo 2016 al Piccolo Eliseo - Via Nazionale, 183 - Roma |
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