I dubbi che tormentano l’anima di Ivan Karamàzov, protagonista del romanzo “I fratelli Karamàzov” di Fëdor Dostoevskij, sono proiettati in una stanza asettica, da ospedale psichiatrico. Quasi come a osservare da una telecamera a circuito chiuso la scena del pazzo che si divincola circondato dai suoi pensieri. Che parla e si dimena. Che si specchia e vede riflessa l’immagine stessa della sua follia. Il vecchio inquisitore, poi, è un alter ego reale.
La bravura, somma, di Umberto Orsini si unisce, anche nei movimenti ricalcati e ripetuti, alla sua anima, Leonardo Capuano.“La leggenda del Grande Inquisitore” è un allestimento coraggioso, inusuale, audace. Una rilettura completa, la riscrittura del capitolo centrale del romanzo capolavoro di Dostoevskij, che incuriosisce da subito. E poi arriva il lungo monologo finale, in cui la bravura di Orsini, però, tentenna. Forse si autocompiace della sua stessa maestria, si perde e fa perdere il filo di questa “Ted Conference” che chiude lo spettacolo.
“La leggenda del grande inquisitore” con la regia di Pietro Babina, se per un verso può risultare troppo didascalica, per l’altro – e per fortuna – è coraggiosamente e intelligentemente diversa.
Titolo | La leggenda del grande inquisitore |
Autore | Fëdor M. Dostoevskij |
Regia | Pietro Babina |
Musiche | Alberto Fiori |
Scene | Federico Babina, Pietro Babina |
Costumi | Gianluca Sbicca |
Interpreti | Umberto Orsini, Leonardo Capuano |
Produzione | La Faustina Group |
Anno | 2012 |
Genere | Drammatico |
Applausi del pubblico | null |
In scena | fino al 9 dicembre 2012 Piccolo Eliseo Patroni Griffi | Roma |
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