È coraggioso Filippo Dini. Perché sul fatto che sia bravo non ci sono dubbi. È temerario Filippo Dini. Perché sul fatto che si confermi sempre più un talento del teatro italiano non sembrano esserci incertezze. E “Ivanov”, lo spettacolo di cui è regista e primo attore in scena al Teatro Eliseo di Roma, è esattamente lo specchio in cui si riflette.
Un’ironia sottile, una comicità intelligente, un rispetto mai asservito verso un autore come Čechov rendono il suo “Ivanov” uno spettacolo di qualità. Tra i pregi c’è innanzitutto la capacità di aver “tolto la polvere” a un testo da sempre ritenuto appunto polveroso. Di averlo ripensato in chiave opposta: l’ironia. È per questo che nell’“Ivanov” di Dini si ride spesso, sin dalla prima scena. Un ingresso nella storia scandito da tempi comici impeccabili, da un rimando di battute mai stonate. L’aver dichiaratamente scelto come suoi compagni di scena attori il cui affiatamento era già stato collaudato in altri spettacoli ha fatto il resto. La sintonia fra le persone prima ancora che tra i personaggi, crea un ensemble che non può che dare il meglio di sé sul palco.
La storia di Ivanov, interpretato da un Filippo Dini intenso e misurato anche nell’ironia più spinta (che rischia di sfociare in greve comicità), è quella di un uomo dilaniato dalla noia, quello che oggi chiameremmo il male di vivere. Non ama più la moglie Anna Petrovna (che ha il corpo e la voce di una candida Sara Bertelà), che per sposarlo ha abbandonato famiglia e religione. Ivanov assiste impotente e disinteressato alla morte per tisi della sua compagna di vita e all’inevitabile decadenza della tenuta. Il suo trascinarsi nella vita lo spinge, per cercare di zittire l’angoscia che lo invade al calar della sera, a frequentare con assiduità i facoltosi vicini – Pavel Lebedev e Zinaida Savisna – , di una ricchezza chiassosa e ruvida nella quale Ivanov si tuffa per obnubilare le pene. Qui incontra Saša, l’appassionata Valeria Angelozzi, giovane figlia di Lebedev (un Gianluca Gobbi che dona di scena in scena spessore e sfaccettature al suo personaggio) che lo ama da sempre. In lei Ivanov trova un seppur minimo conforto che lo porta, un anno dopo la morte di Anna, a decidere di risposarsi. Non sarà lieto però il finale per quest’uomo «vittima di se stesso e del proprio destino».
La storia si snoda senza intoppi, forse con qualche lungaggine ma di sicuro senza annoiare, dipanandosi tra le pieghe di una scenografia (creata da Laura Benzi che realizza anche i costumi), che allarga e restringe le proprie pareti, trasformandosi baroccamente con lampadari calanti e tappeti o snellendosi nella penombra spartana di un ufficio. Su tutto domina il grigio dei muri, colore forse simbolo anche dell’anima.
Dini si accomoda con disincanto sul testo di Čechov, così come in scena siede su quella sedia che lo ospita mentre il teatro accoglie gli spettatori; lo fa suo senza incertezze né paure, riscoprendo e facendo riscoprire un Čechov diverso, sempre attuale. Mai noioso.
Titolo | Ivanov |
Autore | Anton Čechov con la traduzione di Danilo Macrì |
Regia | Filippo Dini |
Musiche | Arturo Annecchino |
Scene | Laura Benzi |
Costumi | Laura Benzi |
Luci | Pasquale Mari |
Interpreti | Filippo Dini, Sara Bertelà, Nicola Pannelli, Gianluca Gobbi, Orietta Notari, Valeria Angelozzi, Ivan Zerbinati, Ilaria Falini, Fulvio Pepe |
Durata | 180' |
Produzione | Fondazione Teatro Due Parma, Teatro Stabile Genova |
Anno | 2015 |
Applausi del pubblico | Ripetuti |
In scena | Fino al 15 novembre al Teatro Eliseo di Roma |
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