Una donna seduta su una poltrona di pelle dallo schienale alto e ai suoi piedi quattro uomini anelanti il suo amore, l’amore di Ruth. Siamo nel salotto della casa di famiglia e i quattro uomini sono il vecchio suocero e i cognati. L’immagine nitida che la regia di Peter Stein consegna al pubblico in questa mise en scene de “Il ritorno a casa” di Harold Pinter, è morbosa e disumana.
Di quest’opera dell’autore inglese esistono poche rappresentazioni e non è difficile capirne il perché: si tratta di un testo cupo che affronta il tema del rapporto di potere tra i sessi, in un contesto familiare. La cannibalizzazione che si compie all’interno è generata dal confronto tra uomini soli e dal passato emotivamente difficile, con una donna che è insieme moglie e madre amorevole. Ruth inizialmente asseconda le umilianti richieste, poi ribalta la situazione a suo favore, come una mantide religiosa, attraverso una seduzione che li uccide mentalmente. Viene da chiedersi chi è la vittima e chi il carnefice in una situazione dove l’alternanza dei poteri genera capovolgimenti e ambiguità. L’atmosfera asettica e irreale in sala è amplificata dall’estetica della scenografia e dal cromatismo: la “scatola” all’interno della quale gli attori recitano (o “giocano”, per dirla nella lingua di Pinter), è un’area delimitata all’interno del palcoscenico, in modo che sia evidente e riconoscibile la quarta parete; il suono attutito e ovattato delle voci dei personaggi rende l’atmosfera giustamente fredda e morbosa.
La regia di Stein è ovunque: l’atmosfera, gli ambienti e i personaggi si muovono seguendo linee perfettamente definite senza che nulla venga lasciato al caso. Sugli attori incombe un ritmo imposto, lento e innaturale, che conferisce ai personaggi la tipica connotazione dell’oppressione che caratterizza i testi di Pinter. Non è facile il confronto in scena tra i due mostri sacri del teatro: una rappresentazione più naturalistica avrebbe tradito l’estro creativo di Stein. Del resto anche il tentativo di voler uscire vagamente fuori dalle intenzioni dell’autore, apre a spazi e possibilità creativi limitati. Vince il sottotesto, densamente intriso delle connotazioni misogine di Pinter.
Titolo | Il ritorno a casa |
Autore | Harold Pinter |
Adattamento | traduzione Alessandra Serra |
Regia | Peter Stein |
Scene | Ferdinand Woegerbauer |
Costumi | Anna Maria Heinreich |
Luci | Roberto Innocenti |
Aiuto regia | Carlo Bellamio |
Interpreti | Paolo Graziosi, Alessandro Averone, Elia Schilton, Antonio Tintis, Andrea Nicolini, Arianna Scommegna |
Durata | 120' |
Produzione | Teatro Metastasio Stabile della Toscana, Spoleto56 Festival dei 2Mondi |
Anno | 2013 |
Applausi del pubblico | Ripetuti |
In scena | Teatro Vascello - Roma dal 24 al 29 marzo 2015 |
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