In Italia, unico Stato in Europa, vige una normativa che impedisce ai figli non riconosciuti di venire a conoscenza della storia preadottiva e dell’identità della madre naturale, fino al compimento del centesimo anno di età. Tre anni fa la Corte Europea ha sentenziato che l’articolo 28 della legge n.184/1983 calpesta due diritti fondamentali dell’uomo: il diritto alla conoscenza della propria identità personale e il diritto alla salute (non permettendo di prevenire alcuna patologia familiare).

Da questa ab-norma nasce lo spunto per la commedia scritta e diretta da Alessandro Bardani e Luigi di Capua “Il più bel secolo della mia vita”, che racconta l’incontro tra due N.N. Giovanni di 34 anni e Gustavo, alle soglie del centesimo compleanno. L’incontro di due solitudini. Quella manifesta di Giovanni timido, riservato, ingenuo, alla ricerca di una vita tranquilla (come cantava Neffa ad una Sanremo di qualche tempo fa), al riparo da qualsiasi rischio ed emozione, che nasconde una grande generosità, dedizione al prossimo e senso di giustizia con la G maiuscola. Quella sottotraccia di Gustavo che affronta la vita con l’audacia e la sfrontatezza di un adolescente che ama McDonald’s, pubblica foto su Instagram e chatta su WhatsApp, ma nasconde una malinconica disillusione di fondo. Giovanni e Gustavo lontani eppur vicini, accomunati da un senso di abbandono che uno affronta con rabbia, l’altro con rassegnazione.

Il testo si compone di un fiume di parole composto da battute, racconti e duelli verbali, a cui danno voce, corpo ed anima Francesco Montanari e Giorgio Colangeli con risultati altalenanti. Colangeli, dall’alto della sua esperienza e talento, si mangia letteralmente il testo e il compagno di avventura con una facilità imbarazzante, anche grazie ad uno spartito più accattivante e seducente; a Montanari è assegnato il ruolo di spalla (e funziona, eccome se funziona), che quando conquista le luci della ribalta mostra un certo accademismo recitativo.

“Il più bel secolo della mia vita” spazia a destra e sinistra, senza una rotta da seguire. Frammentato, diseguale, salta da un argomento all’altro con disinvoltura, condito di filosofia metropolitana e umorismo facile ed immediato che rende il tutto superficialmente piacevole. Un’abbondanza di parole che si contrappone alle scene essenziali ed evocative di Emanuela Netta Brandizzi, aiutata dalle luci di Marco Laudando. L’ab-normalità da cui la commedia prende spunto, viene poco focalizzata ed approfondita lungo il testo, che piega su altri svariati ed innumerevoli argomenti, perdendo così il filo del discorso. Si resta con la sensazione di aver goduto di un pranzo troppo ricco di portate, senza che un solo sapore si sia fissato sul palato. Peccato.

TitoloIl più bel secolo della mia vita
AutoreAlessandro Bardani, Luigi di Capua
RegiaAlessandro Bardani, Luigi di Capua
MusicheDeserto Rosso, Vittorio Giannelli
SceneEmanuela Netta Brandizzi
CostumiLaura Di Marco
LuciMarco Laudando
InterpretiGiorgio Colangeli, Francesco Montanari, Maria Gorini
Durata105'
ProduzioneCasanova Teatro
Anno2015
Generecommedia
Applausi del pubblicoRipetuti
In scenaPRIMA NAZIONALE - fino al 29 marzo al Teatro Della Cometa, Roma