“Come faremo a vivere senza le nostre vite?”. È forse riassunto in questa breve frase tutto il “Furore” che Massimo Popolizio legge al Teatro India di Roma. Nella sua lettura scenica su drammaturgia di Emanuele Trevi, che si appoggia alle meravigliose immagini tratte dall’archivio di Dorothea Lange e Walker Evans (esposte tra l’altro in “The Grapes of Wrath”, mostra dedicata nel foyer del teatro) proiettate alle sue spalle e all’emozionante scansione musicale della batteria di Giovanni Lo Cascio, Popolizio dà voce al capolavoro di John Steinbeck, scritto nel 1939 e da subito divenuto un best-seller.
Diviso per capitoli – polvere, banca, Route 66 solo per citarne alcuni – il reading segue più l’aspetto giornalistico (che fu poi lo spunto del romanzo che Steinbeck trasse da una serie di articoli pubblicati nell’ottobre 1936 nel San Francisco News, per documentare le condizioni di vita di una popolazione che, attratta da offerte di lavoro, a centinaia di migliaia, aveva abbandonato il Midwest per raggiungere la California) che quello letterario. Nelle descrizioni che si susseguono incalzanti e ricche di pathos e che raccontano un’America stritolata dalla crisi agricola, economica e sociale fra il crollo del 1929 e l’attacco di Pearl Harbour, vediamo l’oggi, la nostra attualità.
Non è difficile riportare il racconto alla “transumanza” di un’umanità che cerca di sopravvivere e che se in Steinbeck parte dall’Oklahoma per arrivare fino agli alberi di arance della California, oggi potrebbe essere, senza timore di forzare paragoni, la migrazione da terrorismo, povertà e guerre più tema di sterili conflitti politici che di reale accoglienza.
E questo “Furore” che lo scrittore statunitense, premio Nobel per la Letteratura nel 1962, riuscì a restituire su carta dovrebbe essere un virus che si insinua nelle coscienze per contagiarle una alla volta. Perché lasciare la propria terra non è sempre una volontà anzi: spesso è un disperato e ultimo atto di resistenza. E una possibile risposta alla domanda iniziale la si può scorgere nel finale perché “se si è soli si perde, se si è in due già si può vincere, si può certamente vincere solo se si è insieme”.
Titolo | Furore |
Autore | dall'omonimo romanzo di John Steinbeck |
Adattamento | Emanuele Trevi |
Regia | un progetto di Massimo Popolizio |
Musiche | eseguite dal vivo da Giovanni Lo Cascio |
Aiuto regia | Giacomo Bisordi |
Interpreti | Massimo Popolizio |
Durata | 75' |
Produzione | Teatro di Roma - Teatro Nazionale |
Applausi del pubblico | Scroscianti |
In scena | al Teatro India di Roma fino al 1° dicembre 2019 |
Nessun commento