Una cena per inaugurare la nuova casa che proprio nuova non è: tre fratelli accompagnati dalle rispettive mogli, una rete sotterranea di rivalità e segreti. Ecco un campo minato destinato inesorabilmente a deflagrare. Si parte dunque da un plot che abbiamo visto funzionare più volte sia a teatro che al cinema, ma in “Donne che sognarono cavalli” nulla è a fuoco.
La scelta drammaturgica di scombinare l’ordine cronologico dei quadri (la terza scena viene anticipata all’inizio) non è sufficientemente netta e rigorosa: in questo modo non è utile né a creare suspense o rivelazioni inaspettate, né ad innescare vortici temporali da nastro di Moebius; rimane una soluzione pretestuosa che contribuisce a sottrarre intelligibilità agli avvenimenti.
La particolare disposizione del pubblico, a ridosso di due lati del palco, è un modo per superare la frontalità della quarta parete: lo spettatore diviene quasi parte della scena, come se si trovasse nella stanza insieme ai protagonisti. Nonostante l'”incontro ravvicinato”, tuttavia, i personaggi non suscitano empatia. Fatta eccezione per Maria Pilar Perez Aspa, la migliore in scena, l’interpretazione degli attori è esasperata, sopra le righe; la recitazione è disomogenea per stile e dizione, con differenti cadenze che rendono poco credibili le relazioni familiari.
Gli “a parte” monologanti della giovane Lucera suonano come una voce over vagamente stantia; si intuisce la presenza di più livelli di significato all’interno del testo: storico, psicologico, simbolico… Eppure lo spettacolo, indeciso fra realismo e surrealtà onirica, non sviluppa i piani semantici, non li comunica: e perfino il riferimento al contesto argentino dei desaparecidos, che dovrebbe essere all’origine della pièce, resta a malapena intuibile.
Titolo | Donne che sognarono cavalli |
Autore | Daniel Veronese |
Adattamento | Roberto Rustioni |
Regia | Roberto Rustioni |
Scene | Sabrina Cuccu |
Costumi | Sabrina Cuccu |
Luci | Matteo Zanda |
Interpreti | Valeria Angelozzi, Maria Pilar Perez Aspa, Michela Atzeni, Paolo Faroni, Fabrizio Lombardo, Valentino Mannias |
Durata | 60' |
Coproduzione | Fattore K – Sardegna Teatro – Festival delle Colline torinesi con il sostegno di Fondazione Olinda Teatro La Cucina |
Applausi del pubblico | Ripetuti |
In scena | dal 9 al 12 marzo 2017 all'Angelo Mai Altrove - viale delle Terme di Caracalla, 55 - Roma |
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