Si può fare humour su una situazione estrema e tabù come la prematura morte di una madre? Lo spettacolo osa fin da subito con un incipit ardito – e fa bene. Il testo di Joël Pommerat e la regia di Fabrizio Arcuri fanno propri gli elementi chiave della fiaba tradizionale ma li reinventano e li ribaltano, come in una reinterpretazione onirica. Ecco allora che la fatina sembra un fatino pasticcione, che non ne può più di magie vere ma ama fare il prestigiatore dilettante. E la protagonista fa pensare ad un’altra favola, Alice nel Paese delle Meraviglie, per il suo essere ossessionata dal tempo e dall’orologio; stavolta non sarà lei a perdere la scarpetta ma la matrigna, o addirittura il principe.
All’origine di tutta la vicenda è, in fondo, l’incomunicabilità: una “Cenerentola“ che non comprende le parole della madre sul letto di morte, una famiglia che non si ascolta e non si capisce, l’immagine simbolica e ricorrente delle orecchie – coperte dalle cuffie, perennemente attaccate ai cellulari oppure volutamente ingigantite e deformate.
Con la levità dell’ironia, lo spettacolo offre una lettura psicologica della fiaba: Cenerentola teme di non essere capace a mantenere in vita il ricordo materno ed accetta così le angherie che le vengono imposte accogliendole come una masochistica punizione. Per arrivare alla necessaria ma sbrigativa conclusione, la maturazione dei personaggi – non solo Cenerentola ma anche il principe – passa attraverso l’elaborazione del lutto, il superamento del senso di colpa e la presa di coscienza della realtà.
La “Cenerentola” portata in scena dall’Accademia degli Artefatti si avvale di solide interpretazioni – a cominciare dalla protagonista, una Irene Canali ricca di sfumature sottili – e scherza con escamotage metateatrali: come la voce narrante presente in carne ed ossa sul palco, che si rivolge al tecnico in regia o discute con i personaggi se non corrispondono a quanto da lei descritto e raccontato. Se la scelta musicale – da “Father and Son” a “Strange World” – è accattivante e quasi ruffiana, l’allestimento cura la prossemica e visivamente gioca sul contrasto fra i tocchi di paillettes – sullo sfondo, nei dettagli dei costumi, nella luce da discoteca – e le scenografie essenziali e polivalenti: carrelli bianchi che possono essere casa, pulpito, bara e nascondiglio. Una “Cenerentola” andante con brio, uno spettacolo semplice e gradevole: che non si prende troppo sul serio, in equilibrio tra serietà e leggerezza.
Titolo | Cenerentola |
Autore | Joël Pommerat |
Regia | Fabrizio Arcuri |
Scene | Luigina Tusini |
Interpreti | Luca Altavilla, Valerio Amoruso, Matteo Angius, Gabriele Benedetti Elena Callegari, Irene Canali, Rita Maffei, Aida Talliente |
Durata | 120' |
Produzione | CSS Teatro stabile di innovazione del FVG in collaborazione con Accademia degli Artefatti |
Applausi del pubblico | Ripetuti |
In scena | dal 24 al 28 aprile 2018 al Teatro India - Lungotevere Vittorio Gassman - Roma |
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