Un paio di scarpe strette, discorsi stralunati, il freddo della notte che scende. E l’attesa. Estragone e Vladimiro aspettano Godot. Sono clochard, clown, amici vagabondi, coniugi innamorati. Aspettano Godot, ma non l’hanno mai visto Godot. Non saprebbero neppure riconoscerlo. Ma lo aspettano. Aspettano un pasto caldo e un posto per passare la notte. Aspettando, vivono, ridono, si interrogano sulla vita, scherzano, giocano, fantasticano su ciò che accadrà. È l’attesa. E il tempo trascorre tra momenti di disperazione in cui pensano di impiccarsi e momenti di gioiosa ilarità. Gogo e Didi sono Marco Quaglia e Mauro Santopietro, una coppia comica inaspettata: si completano, si spalleggiano, intimamente in simbiosi. “Da quant’è che stiamo insieme da mattina a sera io e te?” chiede Gogo. “Non lo so, sarà mezzo secolo!” risponde Didi. E saltellano insieme, ridendo.
Questo “Aspettando Godot” diretto da Alessandro Averone, andato in scena al Teatro dei Conciatori di Roma, è stata una bellissima esperienza, la stessa di cui parla il regista. E se per Averone l’incontro con questo testo di Beckett è stato ricco, umanamente e professionalmente, per chi ha avuto la fortuna di assistere allo spettacolo la sensazione è la medesima.
Una regia, la sua, discreta ma presente, fedele all’originale ma che riesce a essere attuale. Lo scheletro di un albero (forse un salice senza foglie) è l’unico elemento presente sul palco che occupa la scena lugubre (di Alberto Favretto) della desolata campagna nella quale i due si trovano ad aspettare. Nell’attesa sembra non accadere nulla invece è l’attesa l’accadimento stesso. E aspettando Godot, ecco il passaggio surreale di un crudele padrone e del suo servo: Pozzo e Lucky. Pozzo è Antonio Tintis (bravo nella sua misurata follia e insensata pietà) che impartisce ordini al servo Lucky tenuto al guinzaglio. Lucky è Gabriele Sabatini, inerme e votato all’obbedienza ma che nel suo monologo da essere pensante, strappa applausi ed emozioni.
Godot, però, non arriverà. Almeno per oggi. Verrà di sicuro domani, come riporta un ragazzino inviato per informare i due che lo aspettano (il dolce Francesco Tintis). E così si aspetterà, replicando – forse – l’attesa del giorno precedente, fino all’arrivo del ragazzino (sarà lo stesso o un altro?) che insinua il dubbio che sia tutto un sogno o forse frutto della pazzia.
“Aspettando Godot” è il non senso all’ennesima potenza che Averone dirige senza esitazioni, allestendo una vera e propria poesia sul tempo, aiutato dai meravigliosi costumi di Marzia Paparini e dalle luci di Luca Bronzo. Questo “gioco molto serio” costringe a riflettere: ognuno ha il proprio Godot da aspettare, giorno dopo giorno, un Godot che dia un senso, che ricordi che la vita è questo. E, nell’attesa, questa è stata una bellissima esperienza.
Titolo | Aspettando Godot |
Autore | Samuel Beckett |
Regia | Alessandro Averone |
Scene | Alberto Favretto |
Costumi | Marzia Paparini |
Luci | Luca Bronzo |
Interpreti | Marco Quaglia, Gabriele Sabatini, Mauro Santopietro, Antonio Tintis |
Durata | 100' |
Applausi del pubblico | Fragorosi |
In scena | Al Teatro dei Conciatori di Roma fino al 29 gennaio 2017 |
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