Un monologo en travesti, dove protagonista è il dialetto romagnolo, dolce e difficile da digerire.
Libero Sansavini è Cesira, un’anziana signora romagnola che dall’aia di casa s’interroga e inveisce contro la società attuale. Non le piacciono i comportamenti dei giovani, gli atteggiamenti delle donne. Non le piace insomma il mondo di oggi. Se ne sta lì dando da mangiare al gatto, accennando un rammendo, cantando e danzando sulle note di un liscio e di altre canzoni.
Si percepisce, lungo tutto l’arco della rappresentazione, una sensazione di angoscia, data da un passato di guerra, di morte, di fine di un amore che la signora vuole esorcizzare attraverso i suoi lamenti e le sue invettive al mondo moderno.
Ripete con ostinazione a e dé d’incù (al giorno d’oggi) all’inizio di ogni attacco alle persone che vede in giro e ai loro comportamenti. In questo modo però la sua critica, invece di essere fondata e costruttiva, non fa altro che enfatizzare la retorica del guardarsi sempre indietro e criticare il presente.
Retorica della terza età, che parte da Cesira e si estende a tutto lo spettacolo e alla messa in scena.
[simone pacini]
Titolo | A e dé d’incù (al giorno d'oggi) |
Autore | Gianni Guardigli |
Regia | Gianni Guardigli |
Costumi | Claudia Calvaresi |
Luci | Lorenzo Carlucci |
Interpreti | Libero Sansavini |
Anno | 2008 |
Genere | Monologo |
Applausi del pubblico | null |
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