Il vicario
Autore: Rolf Hochhuth Adattamento: Rosario Tedesco
Regia: Rosario Tedesco
Scene: ----------------------- Costumi: -------------------------------
Produzione: Teatro Stabile dell’Umbria
Interpreti: Matteo Caccia, Marco Foschi, Enrico Roccaforte, Cinzia Spanò, Annibale Pavone, Rosario Tedesco
Anno di produzione: 2008 Genere: dramma
In scena: dal 14 al 19 aprile al Piccolo Eliseo Patroni Griffi, Via Nazionale 183. Telefono 06 4882114|06 48872222 | Note: Ogni sera vedrà la partecipazione di un ospite, tra gli atri interverranno: 14 aprile Giorgio Albertazzi; 15 aprile Andrea Satta; 16 aprile Lina Wertmuller; 17 aprile Tonio Dall’Olio; 18 aprile Claudia Pandolfi.

Nel 2002 con Amen, Costa - Gavras ne ha realizzato un film per il grande schermo.

Pubblicato in trentotto nazioni, in Germania viene messo in scena annualmente al Berliner Ensemble. Il Vicario opera del drammaturgo Rolf Hochhuth, affronta lo scottante tema dell’olocausto e del silenzio della Chiesa in quegli anni. Il primo e unico tentativo italiano di portare a teatro il dramma di Hochhuth si è verificato nel 1965 per mano della compagnia teatrale di Gian Maria Volonté: l’iniziativa suscitò talmente tanto scandalo e polemiche che rimase in scena una sola sera prima della censura. Dopo quarant’anni Il Vicario torna a smuovere le coscienze in Italia. In scena al Piccolo Eliseo ci sono un gruppo di giovani attori: Matteo Caccia, Marco Foschi, Enrico Roccaforte, Cinzia Spanò e Rosario Tedesco (che ha curato anche adattamento e regia). La tragica realtà del genocidio e l’indifferenza del Vicario di Cristo davanti alla funesta situazione europea sono riproposte focalizzando l’attenzione sulle parole, scandite con controllata enfasi dagli attori che si muovono su uno sfondo fatto di ombre e candidi fasci di luce bianca. Una luce evidenzia il pallore dei volti, rievocando nello spettatore il ricordo della morte. I dialoghi serrati descrivono la storia di Kurt Gerstein (Matteo Caccia) ufficiale delle SS, divenuto testimone oculare di quanto sta accadendo nelle camere a gas dei campi di concentramento. Opponendosi a ciò che la sua divisa rappresenta, si schiera dalla parte dei più deboli. La sotterranea attività di salvataggio lo porterà ad incontrasi con Don Riccardo Fontana (Marco Foschi), il quale frustrato dal perpetuante silenzio nel quale si è trincerato lo Stato Vaticano, attraverso un atto dimostrativo (indossare la stella di Davide) testimonia la sua vicinanza al popolo ebreo. Mentre le bombe e i rastrellamenti bussano con veemenza alle porte della Santa Sede, Papa Pio XII focalizza l’attenzione sulla corretta scelta sintattica da adottare nel proclama ufficiale riguardante le barbarie naziste. Non si parla più di religione ma di ragion di stato e la fede di un segretario vaticano deve arrendersi di fronte agli interessi internazionali. Don Fontana rimane scisso tra la lealtà verso la propria veste e il dovere di proteggere la vita. Sulle piangenti note di un pianoforte la rappresentazione volge al termine, accompagnata dall’interpretazione di uno dei maggiori rappresentanti del teatro italiano: Giorgio Albertazzi che dà voce alle parole di una ragazza, vittima dei campi di concentramento. Lo spettacolo, rivolto ad un pubblico poliedrico, copre generazioni più o meno passate, per le quali il tema del sacrificio, dell’espiazione dei peccati e dell’intolleranza non è ancora ricordo. [valentina di santo]