La trilogia degli occhiali
Autore: Emma Dante Drammaturgia: Loredana Parrella
Regia: Emma Dante, Loredana Parrella
Scene: Emma Dante, Carmine Maringola Costumi: Emma Dante
Coregorafie: Loredana Parrella Luci:
Produzione: Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro Stabile di Napoli, CRT Centro di Ricerca per il Teatro con la collaborazione di Théâtre du Rond Point – Parigi
Interpreti: Carmine Maringola, Claudia Benassi, Stéphanie Taillandier, Onofrio Zummo, Elena Borgogni, Sabino Civilleri
Anno di produzione: 2011 Genere:
In scena: in turnè

Più che il paio di occhiali citato nel titolo, è un fazzoletto. Presente in ognuna delle parti di questa "Trilogia degli occhiali", diventa il minimo comun denominatore che più ricorda il teatro di Emma Dante. Perché nel fazzoletto c’è l’atto dell’uomo, quello vero, concreto, quotidiano. Gli occhiali sono un vezzo, forse giusto l’elemento superficialmente più evidente, ma alla fine meno pregno di significato. Asciugarsi la bocca che sbava, lavare il corpo, raccogliere un rigurgito di tosse.

Ogni atto è un lavoro sul corpo. Uno è legato a tre ancore, si contorce, sputa ed è sudato ("Acquasanta"). Un corpo è immobile, statico, catatonico, che poi si sveglia, zoppica e corre ("Il castello della Zisa"). Un altro corpo è artritico, sbilenco, scoordinato, acciaccato ma poi si scatena, balla, salta al suono di vecchie canzoni del passato ("Ballarini"). Poche parole nel secondo e nel terzo; tante, turbinose, napoletane nel primo.

La povertà, la malattia, la vecchiaia. I tre momenti della trilogia abbozzano il tema, senza generare quel caos di emozioni che il teatro di Emma Dante regala abitualmente. È come se mancasse il respiro profondo, l’intensità; o, meglio, la profondità del suo racconto. È come se ci si fosse fermati sull’uscio a sbirciare l’inizio di qualcosa che promette, ma che poi manca la parola data. È come se il sipario calasse sulla storia all’improvviso, lasciandola monca. [patrizia vitrugno]