La tempesta
Autore: William Shakespeare Traduzione:
Regia: Andrea De Rosa
Scene: Alessandro Ciammarughi Costumi: Alessandro Ciammarughi
Musica: Francesco Verdinelli Luci: Pasquale Mari
Produzione: Mercadante Teatro Stabile di Napoli, Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Eliseo
Interpreti: Umberto Orsini, Flavio Bonacci, Rino Cassano, Gino De Luca,Francesco Feletti, Carmine Paternoster, Rolando Ravello, Enzo Salomone, Federica Sandrini, Francesco Silvestri, Salvatore Striano
Anno di produzione: 2009 Genere: drammatico
In scena: fino al 13 Dicembre 2009 al Teatro Eliseo di Roma

Quando il pubblico entra in scena il sipario è aperto, c’è un letto bianco con una donna sdraiata. È Miranda, figlia di Prospero, duca di Milano spodestato dal fratello Antonio. Arriva la tempesta e i personaggi rimanenti vengono quasi gettati sul palcoscenico. Qui di palesa l’isola del naufragio dei personaggi: una scena viva, vibrante, materia plasmabile nelle mani del protagonista Prospero, mago, “faber”, alter ego di Shakespeare che muove gli interpreti come il Bardo fa con i personaggi delle sue commedie.
Il palcoscenico è il luogo dove Prospero attira i suoi nemici per vendicarsi dei torti subiti, luogo di punizione per il fratello Antonio, per il Re di Napoli, il figlio Ferdinando e il fratello Sebastiano, per Gonzalo, per Calebano figlio della strega Sycorax. Il palcoscenico è luogo di perdita di sé, in cui si vaga in attesa di trovare, (ri)trovare se stessi, mentre Prospero gira intorno a loro, in attesa di decidere se portare a termine la sua vendetta. Succede qualcosa di imprevisto, Miranda e Ferdinando si innamorano, Prospero rompe il bastone simbolo della sua magia, del suo potere. Ha tessuto la trama e ora lascia che i personaggi vivano di vita propria. Ognuno è se stesso, con il proprio carattere, il proprio linguaggio.
Il Potere e il teatro nel teatro sono i temi dominanti della commedia di William Shakespeare, declinati dalla splendida regia di Andrea De Rosa in chiave moderna e tradizionale. Moderna è anche la scenografia essenziale di Alessandro Ciammarughi, il suono teso di Westkemper, i costumi che indossano Prospero e Miranda, il dialetto napoletano del buffone e del cantiniere ubriaco Stefano, la recitazione spontanea e poco lavorata di Miranda e Ferdinando, Ariel sospeso in aria da funi che ricordano in ogni momento la sua schiavitù, i movimenti coreografici degli attori sulla scena. Delizioso e surreale il balletto di Antonio nella scena del banchetto. Tradizionale invece la recitazione del Re di Napoli, di Antonio, di Calebano, i costumi dei naufraghi, il testo.
Funziona la scelta del regista di accostare il moderno con il tradizionale, di farli camminare insieme, di lasciarli vivere nel pieno rispetto delle loro peculiarità. Le citazioni iconografiche proposte dal regista sono molteplici: Ferdinando seminudo e ripiegato su se stesso nella scena iniziale ricorda una figura del Giudizio Universale di Michelangelo; il banchetto per festeggiare le nozze di Miranda e Ferdinando ricordano le atmosfere della “La voce della Luna” di Fellini.
Gli attori sono tutti bravissimi. Una menzione a parte meritano Umberto Orsini, che interpreta Prospero, e l’attore Rolando Ravello che interpreta Calebano.
Memorabile il monologo di Orsini sul tempo che passa in cui l’attore assapora le parole, le pesa e le restituisce al pubblico misurate, intense, profonde. Ravello è magistrale quando interpreta il masochista, sanguinante, che si fa maltrattare dai due ubriaconi napoletani, alla ricerca continua di un loro sguardo, di una loro attenzione. Uno spettacolo splendidamente ipnotico. [deborah ferrucci]