La spallata
Autore: Gianni Clementi Traduzione:
Regia: Roberto Valerio
Scene: Massimo Bellando Randone Costumi: Laura Rhi-Sausi
Luci: Musica: Marcello Cotugno
Produzione: Teatro Stabile di Firenze, Tauma
Interpreti: Federica Bern, Cloris Brosca, Maurizio Castè, Giovanni Costantino, Ilario Crudetti, Elisabetta Piccolomini, Roberto Valerio
Anno di produzione: 2010 Genere: commedia
In scena: fino al 29 dicembre alla Casa delle Culture di Roma

Sogni, illusioni e delusioni di una famiglia romana matriarcale di periferia degli anni '60. Atmosfere da "Peppone e Don Camillo", "Roma città aperta" e "Onorevole Angelina". Ovvero l'avvento dell'ideologia comunista in Italia, la chiesa come mentore per ottenere un posto di lavoro, una periferia romana fatta di innocenti cialtroni, che lottano per sopravvivere. Scarpe troppo strette e abiti troppo grandi per la messinscena dell'agenzia di pompe funebri: "impresa" a gestione familiare, bare sul tavolo della cucina insieme a lapidi, pasti frugali, grembiuli e scialli di lana, ciabatte, battute colorite.
Lo spettatore viene gettato in questo interno romano senza presentazioni, con dialoghi concitati e apparentemente confusi. All'improvviso la trama si chiarisce, ogni personaggio racconta la sua storia. Lucia (Cloris Brosca), capofamiglia, chioccia combattiva e risoluta, perno della famiglia; Edda (Federica Bern), la figlia che sogna di fare l'attrice in un film americano; il figlio carabiniere, anima semplice e buffona; il figlio imprenditore, che cerca di avviare un'attività di pompe funebri; Tito, ribelle e comunista; il proprietario delle pompe funebri che cerca di accasarsi in tarda età; infine, la zia svampita (l'ottima Elisabetta Piccolomini), che passa le giornate pregando e baciando la foto del defunto marito.
Vita e morte danzano nella modesta cucina, in un periodo in cui tutto cambia nella società, dalla speranza di un futuro migliore al consumismo che fa capolino con l'arrivo della televisione, carosello, la prima 500, tutti i miti del boom economico degli anni '60, e con essi anche le prime delusioni di quel sogno che non era riservato a tutti, con il tragico epilogo di "passioni che muoiono e non tornano più".
Testo vero, intenso, forse all'inizio dialoghi troppo lunghi, che disorientano lo spettatore; attori convincenti, regia serrata, nervosa, che si rilassa solo nella lentezza surreale della Zia Assunta, che regala attimi di emozione e una Roma da rimpiangere.
[deborah ferrucci]