Il sogno di Lisistrata
Autore: Aristofane Traduzione: Stefano Artissunch
Regia: Stefano Artissunch
Scene: Francesco Cappelli Costumi: Maria Amurri
Luci: Giogio Morgese Musica:
Produzione: Sinergie Teatrali, Teatro Ventidio Basso Compagnia: Sinergie Teatrali

Interpreti: Iaia Forte, Stefano Artissunch, Stefano Tosoni, Gian Paolo Valentini

Anno di produzione: 2011 Genere: commedia
In scena: in turnè

Il sogno di Lisistrata è uno spettacolo dalle forti suggestioni, sintesi lineare di stili diversi. Qui la commedia umana fluisce e diventa forma, rappresentazione.
La vita può essere danza da cabaret, con smoking e cappello a cilindro; un coro di burattine vestite di rosso e di bianco; la veste candida di Lisistrata che si tende fino a generare un figlio, che si tinge di rosso per generare la morte della guerra. Scale da scendere, da salire, l'anelito al sacro, l'ironia del profano e delle sue pantomime falliche, piroette, baruffe, travestimenti, fino allo scioglimento finale della tensione. Se il teatro è azione, il fascino del teatro greco risiede in quell'altare laico in cui si celebra la vita: il palcoscenico, con le sue origini divine, lo sguardo indulgente verso le cose umane. Danza e canto, parole e azioni.
La storia è la contrapposizione tra guerra e pace ai tempi di Sparta e Atene. Lisistrata, volitiva donna ateniese, convoca le concittadine e le spartane, invitandole a fare lo sciopero del sesso con i propri mariti, per costringerli a desistere dalla guerra.
La polìs greca, la pace civile, sono argomenti ricorrenti nelle commedie di Aristofane, commediografo greco del V secolo a.C. che scrisse "Lisistrata" in occasione delle celebrazioni delle Leunee, feste gennaio in cui si rappresentavano opere a carattere locale.
Sacro e profano si alternano in questa commedia. La sacralità della pace viene attuata in modo profano: il testo è pieno di riferimenti erotici impliciti e espliciti, cialtronerie, di uomini che corrono piegati a causa della loro difficoltà a praticare la continenza sessuale.
La regia di Stefano Artissunch propone un quadro sintetico della commedia greca e delle arti visive moderne. "Archeocabaret": così lo definisce il regista-attore, con qualche incursione nella commedia dell'arte e nelle comiche alla Buster Keaton. La commedia greca è nella gradinata del palcoscenico, nella presenza di quattro attori, nel coro interpretato da burattini, nel regista/commediografo che introduce l'azione nel prologo e sottolinea i momenti salienti della commedia, farsa in cui gli interpreti prendono in giro se stessi, vivendo i personaggi da dentro e da fuori.
Lisistrata (Iaia Forte) si erge altera e solenne, come una statua greca. La sua recitazione è meno rifinita e precisa degli altri tre interpreti, poco teatrale e più cinematografica. L'interpretazione fisica è più convincente della voce. Pur essendo la protagonista, viene oscurata dal regista-attore Stefano Artissunch: mimo, maschera della commedia dell'arte, un po' Pulcinella un po' Bob Fosse (regista di "Cabaret"). Artissunch e' versatile, ora pubblico ufficiale, poi araldo spartano e ateniese, o filosofo che ammonisce, sottolinea e deride gli umani.
Gli altri due attori (Stefano Tosoni e Gian Paolo Valentini) interpretano buffoni pasticcioni, il coro dei vecchi e delle donne, Mirrina e il marito arrapato Cinesia. Particolarmente bravo Tosoni: energetico, coinvolgente, non perde mai la tensione, mai uno sguardo disattento dal personaggio.
La regìa è moderna, gioca con il femminile e il maschile, come se gli interpreti fossero solo dei corpi. Non importa il sesso di appartenenza, gli attori sono puri veicoli di comunicazione del sacro e del profano, del teatro e della vita umana. La scenografia è stilizzata, attenta nell'uso sapiente dei colori, fatta di oggetti che non sono solo decorativi, prendono vita e diventano il testo. Nulla è lasciato al caso.
Spettacolo suggestivo, felice vortice e unione del teatro antico e moderno magari con un titolo un po' diverso, per non confonderlo con "Il Sogno di Ipazia" di Carlo Emilio Lerici.
[deborah ferrucci]