Sior Todero brontolon
Autore: Carlo Goldoni
Regia: Giuseppe Emiliani
Scene: Nicola Rubertelli Costumi: Carla Ricotti
Musica: Giancarlo Chiaramello Luci: Pasquale Mari
Produzione: Vortice - Teatro Fondamenta Nuove, Teatro Carcano, La Biennale di Venezia, Teatro Stabile del Veneto "Carlo Goldoni", Comune di Venezia - Assessorato alla Produzione Culturale
Interpreti: Giulio Bosetti, Marina Bonfigli, Francesco Migliaccio, Nora Fuser, Federica Castellini, Alberto Mancioppi, Umberto Terruso, Sandra Franzo, Tommaso Amadio, Franco Santelli, Gregorio Pompei
Anno di produzione: 2008 Genere: commedia
In scena: fino al 20 aprile al Teatro Quirino di Roma. Tel. 066794585 www.teatroquirino.it

“Todero è il nome proprio della persona, e vuol dire Teodoro. Brontolon non è il nome di famiglia di Todero, ma un aggettivo che deriva da brontolare, soprannome datogli dalle persone che lo conoscono a fondo, e che spiega e mette in ridicolo il di lui carattere inquieto, fastidioso, indiscreto… Non vi è niente di più fastidioso, di più molesto alla società, di un uomo che brontola sempre; cioè che trova a dire su tutto, che non è mai contento di niente, che tratta con asprezza, che parla con arroganza e si fa odiare da tutti. Todero in questa commedia non è brontolon solamente, ma avaro e superbo… Tutta la morale di questa commedia consiste nell’esposizione di un carattere odioso, affinché se ne correggano quelli che si trovano, per loro disgrazia, da questa malattia attaccati.
E infatti qual maggiore disgrazia per un uomo, che rendersi l’odio del pubblico, il flagello della famiglia, il ridicolo della servitù? Eppure non è il mio Todero un carattere immaginario. Pur troppo vi sono al mondo di quelli che lo somigliano; e in tempo che rappresentavasi questa Commedia, intesi nominare più e più originali, dai quali credevano ch’io lo avessi copiato.”
Così Carlo Goldoni spiegava la matrice del suo Sior Todero brontolon, commedia rappresentata per la prima volta nel 1762 presso il Teatro San Luca di Venezia ed oggi riproposta dalla Compagnia del Teatro Carcano di Milano diretta da Giulio Bosetti per la regia di Giuseppe Emiliani.
“Todero è un egoista, è un avaro, è un cattivo padre, agisce con la crudeltà del dittatore ed a una prima lettura fa nascere solo riprovazione” – racconta il suo interprete Borsetti. E Todero è infatti l’avaro capo-famiglia che tratta servitù, dipendenti e familiari in funzione della loro utilità alla causa che è quella degli affari del Padrone Todero. Vive eremita chiuso nel suo studio dove muove le fila dei suoi affari, economici e personali. Quando alla nipote Zanetta si propone un giovane dai modi garbati e di animo nobile, tal Meneghetto, pronto a prenderla in moglie, nonostante la benedizione dei genitori della giovane, Todero si oppone avendo già promessala in sposa al figlio inetto del suo agente, Nicoletto. L’obiettivo? Speculare sulla dote della nipote.
Questo il canovaccio costruito dall’autore veneziano e riproposto in stretto dialetto veneto con leggerezza ed aderenza testuale da Giulio Bosetti, un mefistofelico Todero, insieme a Francesco Migliaccio, figlio di Todero e macchietta che si rifà alla tradizione delle maschere veneziane, Nora Fuser madre di Zanetta e prototipo di donna forte ed indipendente, Marina Bonfigli nel ruolo della vedova aristocratica Fortunata.
Ma è tutta la compagnia nel suo complesso, inclusi i giovani Federica Castellini, Tommaso Amadio, Sandra Franzo, a girare per il verso giusto, a comporre le tessere di un puzzle, che tra equivoci, colpi di scena e dialoghi brillanti si va assemblando sotto i nostri occhi, svelando caratteri e psicologie ancora oggi riscontrabili nella vita quotidiana, in un intrigo drammaturgico che tarda ad invecchiare, divertendo un pubblico rispettosissimo della “sacralità” del testo e dell’autore, ma pronto a scoppiare in una fragorosa risata che sa di condanna ed assoluzione dei personaggi anche i più controversi; Sior Toledo Brontolon in testa.
[fabio melandri]