La Signora Dalloway e altri racconti


Anno
2012

Genere
commedia

In scena
fino al 5 febbraio
Teatro Stanze Segrete | Roma

Autore
Virginia Woolf
Adattamento/Traduzione
Riccardo Cavallo
Regia
Riccardo Cavallo
Scene
Stefano Massai
Costumi
Claudia Balboni
Luci
Annalisa Biancofiore
Interpreti
Claudia Balboni, Nicola D’Eramo, Martino Duane, Cinzia Villari, Giulia Adami, Elisa Pavolini
Produzione
Associazione Culturale l’Ippogrifo

 

Avvio silenzioso, come se si fosse in attesa delle parole della scrittrice inglese Virginia Woolf, musa ispiratrice dello spettacolo "la Signora Dalloway e altri racconti". Adattare un romanzo a teatro è sempre un’impresa da naviganti esperti e ardimentosi: con coraggio si abbandona la sicurezza del testo, le descrizioni dell’animo umano così pregnanti, evocatrici di altri mondi e dimensioni, per rispondere ad un linguaggio e a un pubblico completamente diversi. È comune che un drammaturgo, o un regista teatrale, si lasci ammaliare dalle parole e decida di trattenerle nella realizzazione scenica. Non funziona.

Funziona invece l’idea di mostrare come la parola, letta da due ignare cameriere, prenda vita, facendo materializzare i personaggi. Interessante vedere come le fantasie suscitate diventino realtà, un po’ come "Sei personaggi in cerca d’autore" di Pirandello. Eppure... C'è un ma. Il regista deve fare delle scelte drastiche, separare nettamente i momenti di lettura: nel caso specifico affidarlo esclusivamente alle cameriere e lasciare ai personaggi i dialoghi.

In questo spettacolo gli attori prima leggono il personaggio, poi lo interpretano. Il risultato è che spesso il pubblico si confonde e non sa più chi parli: gli interpreti non marcano la differenza (scelta registica?) e allungano l’intensità dell’interpretazione. Perdendola. Sul palcoscenico l’attore fa, non dice quello che intende.

Pur essendo un cast composto da ottimi professionisti, ispirati, fluidi e senza forzature intellettuali, tra tutti emerge la cameriera Nellie: precisa, puntuale, movimenti lenti, movenze da manichino, una maschera. Attrice nel miglior senso del termine. La sua forza risiede, oltre che nelle doti personali, nella chiara definizione del ruolo: è teatrale, sottolinea con i gesti i momenti salienti del testo che legge, ascolta le richieste della signora Woolf. Per dirla alla Stanislawsly, vive il palcoscenico. E il pubblico le crede, la ascolta, aspetta le sue mosse. Minore rispetto per il testo e scelte registiche più personali, renderebbero questo spettacolo godibile.
[deborah ferrucci]