Scroscio - Nessuno ci guarda
Autore: Eleonora Danco Adattamento:
Regia: Eleonora Danco
Realizzazione barattolo: MEKANE Roma Costumi: Marisa di Mario, Isabella Melloni
Musica: Marco Tecce
Luci: Daniele Davinio
Compagnia: Associazione Shining Produzione: Valerio Terenzio e Filippa Piazza
Interpreti: Eleonora Danco, Livia Liverani, Raffaele Castagna
Anno di produzione: 2009 Genere: monologo
In scena: dal 17 al 22 febbraio 2009 teatro Ambra Jovinelli | via Guglielmo Pepe 43/47 | roma

Eleonora Danco, attrice, regista e autrice teatrale, è in scena all’Ambra Jovinelli con due distinti monologhi, inseriti nello stesso spettacolo.
Se nel primo a dominare il discorso sono i pensieri, i desideri e l’amarezza di una trentenne senza lavoro e senza futuro, che ruba a chiunque le capiti sotto tiro, che mente ai genitori e si sente soffocare al pensiero di entrare a casa dei suoi. E che non sembra poter trovare una sua collocazione nella società.
Nel secondo si palesa un’inversione temporale: Eleonora è piccola e ripercorre, seguendo il flusso di coscienza proprio dell’infanzia, dei momenti di vita quotidiana: l’attesa per fare il bagno a mare, le bonarie minacce dei genitori sui compiti, sul cibo a tavola da finire…
Sulla scena gli oggetti sono essenziali, mezzo di evocazione più che di naturalistica visione. In Scroscio – che la Danco precisa essere ispirato a Taxi Driver – sul palco c’è un materasso e un’enorme vaso di crema, con cui la protagonista si nasconde con l’andare avanti del racconto. Il personaggio è invischiato nella crema come in una latente depressione; frenesia, compulsione sessuale, desiderio violento di farsi allontanare. A tratti le appaiono i genitori, le sono accanto ma non emettono suoni: soffrono.
In Nessuno ci guarda, invece, Eleonora utilizza un tavolino di legno con sedia e le pareti del palco: corre, si dimena, scivola e sembra quasi posseduta dai ricordi, dalle frasi e dai cambi di toni che i diversi personaggi esigono. Monologo ispirato alla pittura di Jackson Pollock: una combinazione di colori, di pennellate e di emozioni.
Più che teatro di sperimentazione, si tratta di teatro di vita.
[valentina venturi]