Scarti nobili
Autore: Roberto Agostini
Traduzione: ----------------------
Regia: Roberto Agostini
Scene: Francesco Ghisu
Costumi: Sabrina Chiocchio
Luci: Mario Cavacchioli Musica: Dimitri Scarlato
Produzione: L’associazione culturale Heliopolis
Interpreti: Annalisa Picconi
Anno di produzione: 2010 Genere: monologo

In scena: fino al 25 aprile al Teatro Dell'Orologio di Roma

Claustrofobia. È la prima cosa, la prima emozione che prende la bocca dello stomaco quando si alza il sipario su "Scarti nobili", il monologo di Roberto Agostini ispirato alla vita di Beatrice Cenci, nobile romana del 600. Le luci si accendono sul volto dell'attrice e capisci di avere di fronte una donna che ha subìto un danno. Gli occhi, le mani, i muscoli contratti e gli scatti nervosi dicono più delle parole, che pure sono pesanti come pietre.
Beatrice è rinchiusa in una angusta prigione che l'ha sottratta al mondo; ma è solo la libertà fisica che le hanno tolto, perché l'anima era prigioniera da sempre. Il padre le aveva rubato l'innocenza dell'infanzia, abusando del suo corpo e violentando la sua mente con un'ipocrita esistenza da fervente famiglia cattolica. Solo una facciata. Passato e presente si mischiano. Per Bea c'è un fratello Giacomo, drogato, che muore di overdose e una madre adottiva che si fa complice silente della brutalità del marito. Infine la consigliera spirituale di Beatrice, che non la sa capire e, anzi, ne diverrà carceriera, barattando la sua fragile vita con la ricca eredità del padre. "Il coraggio non mi manca", ripete ossessivamente Beatrice, mentre ripercorre le tappe che l'hanno condotta in quel bunker solitario. Il coraggio non le manca e, con quello, sceglie la sua libertà: ucciderà il padre carnefice, conficcandogli un chiodo nell'occhio e uno nella gola, dopo averlo drogato.
In una stanza spoglia e buia, per terra solo l'acciaio freddo dei chiodi, per cinquanta minuti Annalisa Picconi si muove e parla; alla sua suora carceriera ma in verità a se stessa, al pubblico, al mondo, per raccontare una storia di dolore e morte, ma con parole delicate e occhi profondi, che lasciano l'amaro dentro e un infinito senso di impotenza. [marina viola]