Primo amore
Autore: Letizia Russo Adattamento:
Regia: Luigi Saravo
Scene: ------------------------- Costumi: -----------------------
Musica: ------------------------------
Luci: Hossein Taheri
Compagnia: Compagnia Castalia Produzione: Fahrenheit 451 Teatro
Interpreti: Laura Nardi
Anno di produzione: 2009 Genere:
In scena: dal 14 Aprile al 19 Aprile 2009, Teatro Arcobaleno (Centro Stabile del Classico) - Via F. Redi, 1/a - Roma | da martedì al sabato ore 21,00 - domenica ore 17,30

Un uomo ritorna nella città della sua giovinezza riattraversando luoghi che gli rinnovano sentimenti, pensieri e immagini dimenticate.
In questo percorso nello spazio davanti a sé e nel tempo dietro di sé si ritroverà in un bar dove riconoscerà nel cameriere che lo serve il ragazzo che a quindici anni gli fece scoprire l’amore ed il destino omosessuale della sua vita.
Primo amore è in primis una storia d’amore. In due sensi: l’amore (il primo) per un’altro ed un amore (anche questo il primo) per il luogo d’origine; un ritorno all’origine sentimentale e geografico, che apre il varco ad un doloroso riaffiorare della memoria.
La storia che si racconta snodandosi attraverso un labirinto di parole, dove carne e desiderio si mescolano, ci conduce davanti a quel primo passo incandescente verso se stessi che è ogni Primo Amore.

Letizia Russo scrive questo testo nel 2005 per il festival gay “Garofano verde” cercando di dare corpo e realtà di sentimenti all’amore di due uomini e per fare questo attinge a ciò che riconosce come comune ad ogni storia passionale che è la dinamica del desiderio e soprattutto alla propria intima attrazione per il corpo maschile.
Ripercorrendo la matrice di questa genesi abbiamo voluto prestare al protagonista maschile la sensibilità di un’interprete femminile che potesse illuminare il testo attraverso una nuova prospettiva. Così pur essendo ancora dichiaratamente un uomo, questo personaggio si anima di percorsi, sfumature e peculiarità che affondano il loro farsi nel corpo di una donna.
L’universo poetico di Letizia Russo permette di esporsi in un percorso senza rete. Il suo linguaggio è una sfida constante, perché instabile, imprevedibile difficile da padroneggiare, ma gratificante sia per l’interprete sia per il pubblico quando assunto con rigore e musicalità.