Premio Dostoevskij
Autore: Silvia Garbuggino, Gaetano Ventriglia Adattamento:

Regia: Silvia Garbuggino, Gaetano Ventriglia

Scene: ---------------------- Costumi: ----------------------
Organizzazione: Chiara Fallavollita
Luci: Thomas Romeo
Compagnia: Produzione: Malasemenza, Armonia, Nevskij Prospèkt
Interpreti: Silvia Garbuggino, Gaetano Ventriglia
Anno di produzione: 2009 Genere: drammatico
In scena: fino al 26 Settembre al Teatro Argot Studio | via Natale del grande 27 - 00153 Roma - Tel. 06/5898111

Due attori, (un uomo e una donna), una scena scarna, solo due oggetti: una chitarra e un vecchio giocattolo, un liso cavallino di peluche con le ruote. Il pubblico si finisce di accomodare e già uno dei due parla, interagisce con gli ultimi ritardatari che si accomodano velocemente. Si spengono le luci e il personaggio che stava parlando, a metà tra un vecchio e un bambino, inizia a filosofeggiare sul senso della vita, sul cinismo e la pochezza degli uomini, introducendo una delle principali tematiche affrontate dal romanziere russo Feodor Dostoevskij: la sofferenza dell’uomo, per la precisione quella dei bambini. “Se Dio esiste perché permette che i bambini soffrano?”. E’ questo l’eterno dilemma, il bambino simbolo di purezza e di innocenza, ma anche di fragilità e bellezza, non è pronto a sopportare il male e la sporcizia del mondo a tal punto che ne potrebbe morire. Ecco il punto, il bambino non concepisce, non comprende la cattiveria o la crudeltà. E così il primo racconto di Dostoevsky scelto dai protagonisti narra dello stupore raccapricciato di un bambino di fronte all’uccisione di una cavallina, morta perché incapace di trainare un carro pieno di gente.
Lo spettacolo alterna momenti di grande intensità ad altri meno convincenti, tuttavia è apprezzabile il lavoro degli attori così come la scelta di far emergere il testo de “I fratelli Karamàzov” non solo in modo diretto ma a volte analogicamente e altre indirettamente attraverso l’ironia e la dissacrazione; invertendo anche i ruoli, donna/uomo, uomo/donna, operazione interessante già sperimentata da altri registi che in questa occasione dà spazio ad originali sfumature nella resa dei personaggi.
Gli sketch comici risultano quasi sempre obsoleti, come sottolineato in una sorta di teatro nel teatro da alcune battute dei personaggi stessi, che ora sono divenuti due caratteri, una sorta di clowns, l’augusto e il bianco, l’attore di esperienza e quello bello stupido e giovane. Anche il finale forse arriva in modo un po’ forzato, così come ci sarebbe piaciuto vedere il testo del romanzo passare un po’ di più anche attraverso i corpi degli attori, che in alcuni casi mantengono una staticità eccessiva. Tuttavia nel complesso l’operazione è culturalmente e artisticamente apprezzabile e ci è parsa come appunto i pedagoghi russi dicono “interessante”. Le luci, essenziali e avvolgenti, sono di Thomas Romeo. [annalisa picconi]