L’attore, da tempo affrancatosi dal ruolo del Libanese di “Romanzo criminale”, si aggira in pigiama in una stanza che sembra una prigione: spoglia, il pavimento sghimbescio, le sbarre all’unica finestra che campeggia tra pareti nude e storte. Intollerante, sarcastico, pignolo fino all’ossessione, ripercorre a voce alta amori e idiosincrasie. Ma quello che occupa costantemente i suoi pensieri è la rottura con Elisa, la ex che se ne è andata, senza un motivo o un ripensamento. Ripiegato sul suo ombelico, costretto a inventar storie per dare un senso alla solitudine, il personaggio di Montanari appare una crudele trasposizione di un’intera generazione che, lontana da una dimensione politica e sociale, vive la propria esistenza nel carcere del proprio io, limitato e limitante. Fuori da se stesso c’è un mondo senza poesia e senza grazia, che non può essere educato né annientato. Là fuori si muove Elisa, perfettamente integrata nella realtà che invece lui rifugge. Così ogni sorriso e ogni risata che la recitazione riesce a strappare, lascia il tipico sapore di commedia agrodolce, genere in cui Montanari sembra sapersi ben destreggiare. [francesca romana buffetti]