'Nzularchia
Autore: Mimmo Borrelli
Regia: Carlo Cerciello
Scene: Roberto Crea Costumi: Antonella Mancuso
Musica: Paolo Colettaluci, Cesare Accetta Suono: Hubert Westkemper
Produzione: Mercadante Teatro Stabile di Napoli
Interpreti: Peppino Mazzotta, Pippo Cangiano, Nino Bruno
Anno di produzione: Genere: prosa
In scena: Teatro Valle di Roma, da lunedì 12 a mercoledì 21 maggio 2008. Teatro dell’Arte di Milano, dal 27 maggio all’8 giugno 2008

In questi giorni il Teatro Valle di Roma è luogo deputato o, mai come in questa occasione, “contenitore” di un’opera di rara magia. ‘Nzularchia ovvero: itterizia, febbre gialla. Testo scritto da Mimmo Borrelli (classe 1979, originario di Torregaveta, nei pressi dei Campi Flegrei) vincitore della 48a Edizione del Premio Riccione per il Teatro, traggedia ‘i na cummedia ‘nfosa speziata cu ‘i viscere ‘i nu fattariello antico. La parola scelta per il titolo indica uno stato di malattia, di sofferenza, quale quella del giovane Gaetano (Peppino Mazzotta), il figlio di Spennacore (Pippo Cangiano), un camorrista che vive rintanato in una stanza segreta della casa. Eppure, la parola non si riferisce soltanto alle conseguenze fisiche, ma anche ai sintomi psichici che il male può portare con sé. ’Nzularchia è dunque la paura, quello strano senso di terrore che accompagna il protagonista e che si concretizza negli allucinati dialoghi con Piccerillo (Nino Bruno), una candida presenza di bambino, fratello mai nato, che conduce Gaetano in un percorso a ritroso senza possibilità di fuga.
Lo spettacolo inizia ancor prima di entrare in palcoscenico. Già, perché questa volta siamo noi a essere sul palco. E guidati ci si accomoda, rimanendo avvolti da “un buio ossessivamente martoriato dal nefasto zufolare di una tempesta imminente... Un’affettata oscurità pervade ogni cosa, evidenziando un’atmosfera bigia, umida, intrisa, macera”, recitano le note dell’autore. Come sottofondo un prologo, un canto, ritmicamente incalzante: Sterminio sterminio,‘nzularchia gialla. Sterminio sterminio. Chi schiatta e chi abballa! Si avverte da subito che sta per accadere qualcosa di magico: si respira l’aria di un rito, per il quale il giovanissimo autore ha usato un linguaggio cifrato, (gli attori recitano in dialetto flegreo) che l’ottimo e geniale regista Carlo Cerciello supporta con precisione e attenzione dei particolari, con messaggi e immagini che regalano alla messa in scena una perfezione così poco comune. Tutto è straordinario: le luci di Cesare Accetta, le musiche di Paolo Coletta, i costumi di Antonella Mancuso, le scene di Roberto Crea e i suoni di Hubert Westkemper.
I tre attori per un’ora e quaranta regalano al pubblico un’interpretazione da manuale, fanno rivivere specularmente la loro paura, la loro ingenuità, la loro malattia conducendo lo spettatore in un susseguirsi di emozioni fortissime. Spettacolo spietato, travolgente, un’ intensa esperienza psichica. Se un bambino guardasse questo spettacolo, da grande sognerà di fare teatro.
[emiliana palmieri]