Molly Sweeney
Autore: Brian Friel
Traduzione: Monica Capuani, Marta Migliore
Regia: Andrea De Rosa
Scene: Laura Benzi
Luci: Pasquale Mari
Costumi: Ursula Patzak
Suono: Hubert Westkemper
Interpreti: Valentina Sperlì, Leonardo Capuano, Umberto Orsini 
Anno di produzione: 2007 Genere: prosa
In scena: Teatro Valle, Roma, Via del Teatro Valle, 21 - fino al 27 Gennaio 2008
Al Teatro Valle fino al 27 gennaio è in scena Molly Sweeney: una rielaborazione di Brian Friel di un saggio di Oliver Sacks (To see and not to see) che, attraverso la narrazione di un caso clinico, investiga le problematiche etiche e le conseguenze della malattia e della sua cura.
Molly Sweeney è una quarantenne priva di vista dall’età di dieci mesi, una donna autosufficiente che lavora come fisioterapista vivendo la propria cecità senza alcuna forma di autocommiserazione;
sposa l’autodidatta ottimista Frank Sweeney e si lascia convincere a sottoporsi ad un intervento chirurgico per riacquistare la vista. C’è molta eccitazione per questo avvenimento: Frank è certo che sarà un successo e la sua ennesima vittoria, come già accaduto per lo studio sui salmoni, mentre il Dr. Rice spera di riscattare la sua carriera e bearsi degli incredibili risultati ottenuti nel modesto ospedale della provinciale Ballybeg.
Così è: Molly riacquista, parzialmente, la vista ma si apre per lei una voragine di disperazione.
Trascorsa l’iniziale euforia – splendido il simbolismo del soprabito rosso - si ritrova in un mondo che non riconosce e si rifugia gradualmente in una sorta di autismo auto indotto rinchiudendosi, sola, abbandonata dal marito e dal medico curante, in manicomio.
La regia, curata da Andrea De Rosa, è tutta incentrata sul rapporto tra visione e conoscenza trasportando lo spettatore in una dimensione percettiva; durante il primo atto il teatro è completamente al buio, per rendere palpabile il mondo di Molly che tutto conosce attraverso il tatto e si aggira nell’oscurità con grande sicurezza.
Il pubblico può così comprendere sensorialmente la dimensione altra della protagonista: il profumo e lo stelo dei fiori, i passi cadenzati nel giardino di famiglia, suo terreno di apprendimento, le nostalgiche ballate irlandesi, gli scrosci della pioggia e la musica della festa improvvisata la sera prima dell’operazione. La musica è una componente fondamentale, uno strumento di conoscenza: permette di richiamare alla mente le emozioni durante la prima parte ma è completamente assente nella seconda, quella in cui tutto è visibile. I dodici punti di diffusione progettati da Hubert Westkemper avvolgono il pubblico in un viaggio straniante e amplificano la dicotomia tra i due momenti: conoscenza sensoriale e razionalità.
Anche i personaggi, che raccontano le proprie esperienze in monologhi che mai si intrecciano, pongono l’accento sulla difficoltà di relazione esterna e richiamano l’attenzione sulla realtà irlandese dell’epoca, il dramma sociale della donna, forte ma malleabile che acconsente all’operazione per assecondare i desideri altrui, più che per sua reale convinzione.
Il caso clinico riferito da Sacks riguarda un paziente di sesso maschile, nel testo di Friel abbiamo invece per protagonista una donna: Molly, non semplicemente Molly Sweney bensì Molly che riecheggia nei suoi monologhi Molly Bloom, le cui parole chiudono l’Ulisse di James Joyce [paola di felice]