Meglio lasciar perdere
Autore: A.Muzzi, G. Pizzol, A. De Luca, A.Savelli con la collaborazione di Marco Vicari
Regia: Andrea Bruno Savelli
Interpreti: Andrea Muzzi
Anno di produzione: -------- Genere: monologo
In scena: al Piccolo Jovinelli di Roma fino al 20 aprile 2008. Via Guglielmo Pepe, 43/47 tel. 06 4434.0262 – fax. 06 4461.803

Andrea Muzzi: una faccia da Zelig – la maggior parte degli spettatori lo ricorda soprattutto per questo – unita a una faccia da spot. Toscano, occhio vispo e ammiccante, notevole mimica gestuale, ha debuttato lo scorso martedì 8 aprile al Teatro Piccolo Jovinelli con lo spettacolo “Meglio lasciar perdere”.
Due i personaggi interpretati, gli opposti, la medaglia e il suo rovescio. Di fondo però un pessimismo latente, il segno inconfondibile dell’ineluttabilità della sorte. Dal pulpito si atteggia a “sobillatore” delle masse; una volta disceso, da umile uomo delle pulizie, ne diventa parte.
Cos’hanno in comune i due? Molto più di quel che a prima vista si possa pensare: l’essere perdenti. Entrambi sanno che l’eterna competizione sfibra le persone e che il vincente, alla prima sconfitta si disintegra, perché non è abituato a perdere.
“Il perdente invece è abituato a cadere – confessa Muzzi nel monologo – nessuna sconfitta lo abbatte definitivamente. Nessuna batosta lo atterra completamente. Il perdente è sempre pronto a rialzarsi e a combattere di nuovo. Per questo il perdente è un invincibile. Invincibile è colui che non riesce ad essere sconfitto. Malgrado tutte le sconfitte non te lo levi mai di torno”.
Una filosofia interessante, con una sottile carica pessimistica, che rispecchia il nostro quotidiano. Gli invincibili perdenti sono il cuore del pensiero del comico che, con un sorriso amaro, passa in rassegna i suoi veri eroi. Tra questi Giancarlo Alessandrelli, portiere di riserva di Dino Zoff. Se il secondo ha giocato fino all’età di 42 anni senza mai un infortunio, Alessandrelli è stato “costretto alla panchina” per 10 anni. “Poi un giorno – racconta il comico toscano – ha avuto la sua grande occasione: è entrato in campo per soli 20 minuti ma ha beccato lo stesso tre goal”.
Un monologo semplice che, soprattutto nelle battute conclusive, fa riflettere. Chi si aspetta una comicità figlia di Roberto Benigni ne resterà deluso perché, a parte le origini toscane, Andrea Muzzi non tende all'invettiva, ha un’ironia più dolce e pacata che rende l’intero spettacolo a tratti surreale. Si ride poco, ma il sorriso non manca.
[patrizia vitrugno]