Ma che bell'IKEA

Anno 2010

Genere commedia

Produzione
Viola Produzioni

Compagnia -

In scena
fino al 2 ottobre
Sala Umberto | roma

Autore
Gianni Clementi
Adattamento/Traduzione
-
Regia
Enrico Maria Lamanna
Scene
Chiara Paramatti
Costumi
Chiara Paramatti
Luci
Maurizio Fabretti
Musica
Paolo Buonvino
Interpreti
Paola Minaccioni
Riccardo Fabretti

 

Due attori per quattro personaggi in cerca di realizzazione. Una coppia borghese, politically correct, apparentemente in crisi e presumibilmente arrivata al capolinea; una coppia di coatti, lui romano de' roma con annessi e connessi, lei rumena ex prostituta ora ambulante insieme al compagno. Un unico ambiente, un appartamento alla periferia Nord di Roma, con affaccio sul centro commerciale che ospita IKEA, la multinazionale di arredamento svedese, che marchia a fuoco la commedia scritta da Gianni Clementi. Cosi' apre la nuova stagione al Teatro Sala Umberto di Roma.

In scena nei panni dei quattro protagonisti la brava Paola Minaccioni ed il chiaroscurale Riccardo Fabretti, che non convince pienamente nei panni del giovane timido castrato da una madre onnipresente e in quelli di Marino, il coatto borgataro tifoso, ovviamente de a'Roma con l'immancabile inno della squadra come suoneria del cellulare. Il tutto condito dalle musiche di Paolo Buonvino, le luci di Maurizo Fabretti, le scene e costumi di Chiara Paramatti.
Il problema dello spettacolo risiede nel testo frammentario, privo di uno sviluppo narrativo di un certo rilievo con un incipit, uno svolgimento e una conclusione; ne consegue che lo spettacolo potrebbe durare indistintamente 30 minuti come 5 ore, senza soluzione di continuità.
Un accumulo di situazioni fine a se stesse, condite da una comicità di pancia, che attinge a stereotipi del teatro vernacolare usati ed abusati senza reinventare nulla. La risata è diretta, estemporanea, mai preparata da situazioni, ma frutto di improvvisi salti di registro nella recitazione dei due protagonisti. Fine a se stessa. Anche l'idea di IKEA, marchio che accomuna nel design essenziale ed economico persone di estrazione sociale tanto diverse, assunto - crediamo - dall'autore come segno di omologazione della quotidianità, è male sfruttata e messa in scena. La stessa regia di Enrico Maria Lamanna non convince pienamente, di rado capace di vivacizzare la scena, sempre fissa ed uguale a se stessa. Fattore che rende tutto troppo omogeneo, indistinto; come una lunga, interminabile ma poco divertente gag. [fabio melandri]