L’inferno in testa e il paradiso nel cuore
Autore: Roberto Fornara, Fabrizio Raggi Traduzione:
Regia: Fabrizio Raggi
Scenee opere pittoriche: Alessio Pierro Costumi: Ricchezza Falcone
Luci: Musica: Luigi De Carolis
Produzione: Sycamore T Company e FMP- Free Mistake Project
Interpreti: Fabrizio Raggi, Roberto Fornara, Francesca Viscardi Leonetti, Selene Gandini, Mario Fedele, Marta Meneghetti, Matteo Spiazzi
Anno di produzione: 2010 Genere: drammatico
In scena: fino al 19 dicembre al teatro SalaUno di Roma | P.zza di Porta S. Giovanni, 10

Dante Alighieri non è mai stato così umano, così attuale, come in questo testo teatrale. "Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura, ché la retta via era smarrita". Con questi versi Dante iniziava l'Inferno della "Divina commedia", naturale antefatto e inizio del viaggio intrapreso dai due protagonisti, uno psicologo (Roberto Fornara) e il paziente (Fabrizio Raggi) accompagnato dai suoi alter ego (Francesca Viscardi Leonetti, Mario Fedele, Matteo Spiazzi). L'uomo e i suoi dubbi, le passioni di rabbia, lussuria, amore, sono esplorati dal paziente attraverso i versi di Dante, i quadri di Alessio Pierro, le musiche di Ricchezza Falcone, le inquietudini raccontate da Pessoa e da Pasolini.
L'atmosfera anni '70 accoglie lo spettatore nella cornice del Teatro Sala Uno. Figure sparse sul palcoscenico in attesa di una risposta, mentre i due protagonisti al centro della scena cercano di sciogliere i nodi dell'esistenza umana.
Dottore e paziente intraprendono un viaggio, una discesa agli inferi, che è al tempo stesso interiore ed esteriore, così come Virgilio aveva fatto con il Poeta, nella difficile ricerca di se stessi, la liberazione dall'io per arrivare ad una consapevolezza: "Diventare ciò che sei", come diceva Nietsche.
Il testo scorre, gli incastri con i versi dei poeti sono fluidi, spontanei, come se si trattasse di un unico autore; le musiche danno voce ai punti cruciali della narrazione, le opere pittoriche di Alessio Pierro proiettate sullo schermo visualizzano il labirinto dell'animo umano. I registri differenti tra gli attori, sono una ricchezza per la resa scenica.
Mario Fedele, che interpreta i versi di Pessoa e il personaggio dell'Ulisse dantesco, fa un'ottima sintesi di tecnica e vita del personaggio. Francesca Viscardi Leonetti ha una recitazione sussurrata e fascinosa, mentre Matteo Spiazzi guida in un'atmosfera sospesa lo spettatore verso il paradiso dantesco, l'illuminazione, la consapevolezza.
L'unica perplessità riguarda Fabrizio Raggi, il protagonista-coautore-regista, tecnicamente molto bravo, vero quando interpreta i versi, più controllato quando racconta la storia personale del paziente, come se non lo riguardasse, come se raccontasse la storia di un altro. Osserva il personaggio, non lo vive.
Nel complesso lo spettacolo si rivolge più alla mente che al cuore del pubblico: non è immediato, necessita di uno spettatore che abbia gli strumenti adatti a comprenderlo.
[deborah ferrucci]