L'incidente


Anno
2012

Genere
commedia

In scena
fino all’11 novembre Teatro dei Conciatori | roma

Autore
Elena Sartori
Adattamento/Traduzione
Edoardo Sala
Regia
Edoardo Sala
Scene
Antonia Petrocelli
Costumi
Antonia Petrocelli
Interpreti
Edoardo Sala,
Matteo Fasanella, Susanna Lauletta, Jessica Bertagni, Lorenzo Lucchetti
Produzione
Ass. Cult. Carlo Goldoni

 

Dov’è la storia ne “L’incidente”? In 50 minuti di spettacolo non si può fare a meno di guardare l’orologio per sapere quando avrà fine l’agonia. Tentiamo di raccontare la trama: all’obelisco del Foro Italico di Roma si scontrano due auto (di una ricca signora del quartiere Parioli e di un macellaio neoarricchito tifoso laziale) e due pedoni (un extracomunitario e una tifosa romanista). Sopraggiunge una vigilessa a redigere il verbale. Fine della storia.

Il resto sono battute banali, gratuite, attori che urlano per esprimere la rabbia (ma non allo stadio), più alcune stranezze di regia incomprensibili. Perché il ruolo della protagonista femminile è interpretato da un uomo con una finta parrucca? Perché la tifosa romanista recita come un’ubriaca (è ferita)? Perché l’extracomunitario è fintamente di pelle nera? Gli attori non tengono conto dello spazio, hanno lo sguardo lontano; il teatro è piccolo e il pubblico è a ridosso della scena; i dialoghi non sono definiti, troppo reali e poco teatrali.

Sulla scena teatrale romana c’è tutto un genere di reality teatrale che sembra venire dal varietà, commedie che raccontano la quotidianità, con scene semplici da recita scolastica, un attore che sa recitare (Edoardo Sala in questo caso) e gli altri che sembrano amatoriali (non c’è dizione, definizione, presenza scenica), battute facili tipo «Mi chiamo Assunta Sega», oppure «Mi chiamo Guido Piano», proposte forse per andare incontro al gusto di un pubblico non teatrale. I tempi sono cambiati, sono difficili e i mezzi di intrattenimento tanti: bisognerebbe investire sulla qualità per scollare il pubblico dalla televisione e da internet, soprattutto in una città come Roma.

Si può raccontare la quotidianità con stile e profondità come fa Gianni Clementi nelle sue commedie - “Sugo Finto” ne è un bellissimo esempio -, oppure allestire uno spettacolo tutto finto, al limite del surreale, senza la pretesa di raccontare le differenze sociali come in questo caso. Altrimenti diventa molto rumore per nulla.

Eppure quel pneumatico che entrava sulla scena vuota all’inizio aveva fatto ben sperare. Forse bisogna ricominciare da lì ed eliminare tutto il resto. Imbarazzante. [deborah ferrucci]