I giganti della montagna
Autore: Luigi Pirandello
Regia: Enzo Vetrano, Stefano Randisi
Scene: Marc’Antonio Brandolini Costumi: Mela Dell’Erba
Luci: Maurizio Viani Suono: Alessandro Saviozzi
Produzione: Teatro CarcanoTeatro Gl’Incamminati, Teatro Stabile di Sardegna, Teatro Comunale di Imola, Diablogues
Interpreti: Ester Cucinotti, Maria Cucinotti, Stefano Randisi, Marika Pugliatti, Giovanni Moschella, Giuliano Brunazzi, Luigi Tabita, Enzo Vetrano, Antonio Lo Presti, Margherita Smedile, Eleonora Giua, Paolo Baietta
Anno di produzione: 2011 Genere: commedia
In scena: fino al 27 marzo al Teatro Valle di Roma

Ultima opera teatrale scritta da Pirandello, “I giganti della Montagna”, narra il viaggio della compagnia teatrale della Contessa verso la Villa di un paesino sperduto di montagna per rappresentare un’opera teatrale. La scena è un quadro metafisico, un non luogo, in cui vivono isolati dal mondo il mago Cotrone e il gruppo degli scalognati, pronti ad accogliere la compagnia della Contessa e a raccontare le loro ombre interiori.

La compagnia teatrale e il gruppo del mago si incontrano, si parlano, rappresentano i loro fantasmi. La storia non è importante, anche se il pubblico si chiede cosa accadrà. Il rombo di un tuono, la cavalcata dei giganti della montagna, il dramma di Ilse e la Contessa (Ester e Maria Cucinotti), protagonista della “Favola del figlio cambiato”, opera pirandelliana, personificazione del doppio Io, reale-teatrale. Nella regia del duo Vetrano-Randisi gli attori a volte sono dei fantocci, delle maschere pirandelliane, che prendono vita grazie ai fantasmi che albergano nell’animo umano; a volte sono dei tableaux vivants che si muovono, come in una scena cinematografica, a rallentatore. Ogni personaggio ha urgenza di raccontarsi, perché su quel palcoscenico trova il coraggio di farlo.

Il teatro nel teatro ricorre spesso nelle opere di Pirandello, ricordandoci che non vi è nulla di più reale della finzione. “Il vero mestiere è credere nel gioco”, dice il Mago Cotrone, l’ottimo Enzo Vetrano, burattino/burattinaio che con le braccia alzate muove i fili dei personaggi che lo circondano, li fa vivere, li illumina della luce del palcoscenico, impone le mani come un direttore d’orchestra che stabilisce le pause.

I dialoghi a volte sono troppi lunghi e le parti più belle sono le scene mute e i dialoghi del mago Cotrone, deus ex machina come Prospero nella “Tempesta” di Shakespeare. È il burattinaio, il drammaturgo, il perno intorno al quale si muovono i personaggi, loro frammenti di vita che si illuminano sotto i riflettori, si animano come delle schegge impazzite.

Questo spettacolo ci ricorda che il teatro è magia, specchio catartico, consolazione agli affanni degli esseri umani, come dice Peter Brook nella sua opera “Warum Warum”. [deborah ferrucci]