Dopo la battaglia


Anno

2011

Genere
drammatico

In scena
Teatro Argentina | fino al 13 novembre

Autore
Pippo Delbono
Regia
Pippo Delbono
Scene
Claude Santerre
Costumi
Antonella Cannarozzi
Luci
Robert John Resteghini
Musica
Alexander Balanescu
Interpreti
Dolly Albertin, Gianluca Ballaré, Bobò,
Lucia Della Ferrera, Ilaria Distante,
Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Marigia Maggipinto
Produzione
Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro di Roma, Théâtre du Rond Point- Parigi, Théâtre de la Place - Liegi, Théâtre National de Bretagne - Rennes
Compagnia
Pippo Delbono

 

Torna Pippo Delbono e torna lo sconcerto.
Lo stile e l’impostazione registica di “Dopo la battaglia”, spettacolo in scena all’Argentina fino al 13 novembre, lasciano interdetti e insieme pervadono lo spettatore di angoscia e amarezza. “Vedo un luogo fisico di detenzioni, prigionia, di isolamento, e anche un luogo mentale, di chiusura della mente, incapace di trovare una libertà, una lucidità”. Dice Delbono e sottoscrive la platea. Non c’è un filo conduttore evidente nella messa in scena, ma non c’è mai. C’è rabbia e inabissamento.
Tra brani di opere liriche, costumi dell’immancabile Bobò, conosciuto nell’ospedale psichiatrico di Aversa e divenuto interprete “degli abiti che indossa” (Pippo ricorda che una prima al Piccolo Teatro Strehler venne rimandata per un’indisposizione dell’attore icona), brani tratti dal “Processo” di Franz Kafka o da Artaud, Rilke, Walt Whitman, Dante e Alda Merini, emerge evidente lo spaesamento. Tutto, il suono proveniente dalle casse dell’Argentina e il respiro strozzato del regista interprete, i balletti, i movimenti circolari, le corse, le sparizioni, tutto è un mezzo per creare claustrofobia, fastidio e esasperazione. Espedienti registici per insinuare nello spettatore domande. E lasciarle sedimentare. “Dopo la battaglia c’è la guerra; dopo la guerra c’è la pace…” e avanti così, senza un’evidente, palese, dichiarata logica.
Il motivo scatenante dello spettacolo lo introduce il regista, voce narrante e insieme interprete. Delbono racconta che “Dopo la battaglia” nasce in seguito alla cancellazione di una sua regia lirica in cartellone al Bellini di Catania. I tagli hanno reciso anche la sua messinscena. Da questo “naufragio” l’universo affonda: la regia, la recitazione, la Chiesa, la lirica, la coscienza. Nell’inabissamento generale una sola cosa resta a galla: il teatro di Pippo Delbono. Il regista spiega che il collage di performance “nasce forse da un bisogno di scappare, di ritornare, di urlare, di piangere, di ridere, di giocare ancora, di perdersi ancora, di ritrovare ancora un centro, di ritrovare ancora la rivolta, di ritrovare una fede, una lucidità, di ritornare a parlare dell’amore, a parlare con il corpo, a parlare con i suoni, a parlare con la danza”.
Spettacolo straniante e sgradevole, che spinge la platea alla fuga. Ma che lascia un doloroso dubbio: che questa scena sia la vita?
[valentina venturi]