La cena dei cretini


Anno
2011

Genere
commedia

In scena
fino all'8 aprile
Sala Umberto | Roma

Autore
Francis Veber
Adattamento/Traduzione
Filippo Ottoni
Regia
Andrea Brambilla
Scene
Pamela Aicardi
Costumi
Pamela Aicardi
Luci
Iuraj Saleri
Interpreti
Zuzzurro e Gaspare, Gianfranco Candia, Alessandra Schiavoni , Dario Biancone
Produzione
A.Artisti Associati

 

François Pignon (Zuzzurro) protagonista de "La cena dei cretini", nasce dalla penna del giornalista, scrittore e sceneggiatore francese Francis Veber intorno agli anni ’70; diventa interprete di una commedia a teatro; approda sul grande schermo nel 1998.
Il tema trattato evidenzia un tabù principe dell’umanità: la derisione. Prendi un ingenuotto, con un lavoro da sfigato (François Pignon è impiegato al Ministero delle Finanze), logorroico fino allo sfinimento, con una passione insulsa e noiosissima (modellini fatti di fiammiferi) e mettilo al centro di un gruppo di amici, annoiati intellettuali radical chic, capitanati dall’editore Pierre Brochant (Gaspare), che esorcizzano il timore di essere presi in giro, catalizzando sull’ignaro impiegato tutta la crudeltà tipica delle paure più profonde. I deridenti sono noiosi e la borghesia intellettuale è ipocrita. Tutto qui.
La banalità dell’assunto si ripercuote in battute a volte divertenti ma scontate, blande, scolorite. Tutto già visto e sentito. Dove? In "Vieni avanti, cretino", perla dell’avanspettacolo italiano degli anni Trenta e Quaranta dei fratelli casertani De Rege, padre insuperabile di tutti i cretini, portato alla ribalta da due artisti di razza come Walter Chiari e Carlo Campanini in una serie di sketch televisivi anni ’50.
Non c’è partita: Italia batte Francia 5-0. Il cretino italiano è balbuziente, spiazzante con i suoi ragionamenti strampalati, la bombetta schiacciata sul naso enorme, le orecchie a sventola, gli strafalcioni linguistici. Il cretino italiano graffia perché autentico: è un comico che parla alla pancia dello spettatore, ha il sapore e il colore della vita popolare, ancorata a cose reali, quotidiane.
Il cugino francese Pignon è un Candide che vive tra le carte, tra gli scherzi dei colleghi e i complimenti per i reciproci successi. Nel sottotesto si avverte un pregiudizio/disprezzo degli intellettuali-creativi per i mediocri delle pratiche ministeriali, gli editori, giornalisti, pubblicitari che si portano le mogli degli impiegati in una garçonnière "scannatoio" (l’ispettore delle finanze Cheval cornificato dalla moglie con il pubblicitario evasore fiscale Meneaux).
La commedia francese parla alla testa, è cartesiana, almeno nella versione italiana, sconta probabilmente la difficoltà di tradurre lo spirito originale di un popolo. La regia potrebbe fare una scelta di campo, spingere l’acceleratore sulle caratteristiche francesi o trovare una chiave locale. Così il rischio è che tutto resti in superficie e le battute scivolino via senza traccia.
Il cast dello spettacolo è sprecato, a volte fatica a trovare un registro comune. Zuzzurro all’inizio ha un ritmo lento e Gaspare è poco incisivo, non lo incalza. Alessandra Schiavoni è talmente versatile che non ci si accorge della doppia interpretazione di Cristine-la moglie dell’editore e di Marlène-l’amante dell’editore.
Non sarebbe stato più divertente per il pubblico e per il cast mettere in scena il cretino nazionale?
[deborah ferrucci]