La bottega del caffè
Autore: Carlo Goldoni
Regia: Antonio Zavatteri
Scene: Laura Benzi Costumi: Laura Benzi
Luci: Sandro Sussi Musica:
Produzione: Compagnia Gank realizzato in collaborazione con Teatro Stabile di Genova e Festival Teatrale di Borgio Varezzi
Interpreti: Massimo Brizi, Filippo Dini, Lisa Galantini, Alessia Giuliani, Alberto Giusta,
Aldo Ottobrino, Pier Luigi Pasino, Roberto Serpi, Mariella Speranza
Anno di produzione: 2010 Genere: commedia
In scena: Fino al 15 dicembre al Piccolo Eliseo Patroni Griffi di Roma

Realizzata nel 1750 per la compagnia Medebach, "La bottega del caffè" vede Carlo Goldoni intento a sfogliare il gran libro del mondo sulla scorta del confronto verso la realtà di tutti giorni, base della riforma teatrale da lui messa in atto tra il 1748 e il 1753. L'azione, introdotta da uno stacco musicale deliberatamente vivaldiano, si snoda a partire da un'alba carnevalesca, insolitamente tiepida, in una piazzetta sulla quale si aprono le porte di tre botteghe: quella del caffè, gestita da Ridolfo "uomo ordinario ma di buon cuore"; la casa da gioco di Pandolfo; la bottega del barbiere.

Ridolfo si prende cura di Eugenio, mercante di tessuti in evidente crisi matrimoniale, che trascorre i giorni e le notti a dissipare i suoi averi alle carte con il sedicente Conte Leandro. Al bottegaio, sempre più deciso a riportare il giovane sulla retta via, si contrappone Don Marzio, nobile napoletano avaro ed intrigante, "re delle castagne secche" che passa le giornate gettando il discredito su tutto e tutti. Alle vicende dei protagonisti si collegano quelle dei personaggi minori come la ballerina Lisaura, amante del Conte Leandro, della pellegrina Placida giunta in Laguna alla ricerca del marito scomparso, di Trappola, garzone di bottega di Ridolfo. Il tutto all'insegna di un'azione corale e senza tempo. Non a caso la regia di Massimo Zavatteri si muove nel tentativo di ricreare le dinamiche originarie del testo goldoniano, senza scadere nelle convenzioni tipiche del teatro settecentesco. Lo scopo e' di privilegiare la relazione brillante tra gli interpreti. Da segnalare le buone prove di Filippo Dini nei panni di Don Marzio, intento a vivere sulle disgrazie altrui, di Aldo Ottobrino, che presta il volto al giovane Eugenio e di Alberto Giusta nei panni di Ridolfo, l'eroe borghese ante litteram capace di apprezzare e coltivare il bello ed il buono che albergano nella natura umana.

Scenografia, costumi e luci spiccano per vivacità cromatica e restituiscono agli occhi dello spettatore l'eleganza tipica di una giornata di sole invernale sul Canal Grande. E si conclude con il breve monologo di Don Marzio che, persa ogni credibilità agli occhi dell'opinione pubblica, decide che è tempo di fare i bagagli: "Anderò via di questa città. Partirò a mio dispetto. E per causa della mia trista lingua mi priverò d'un paese, in cui tutti vivono bene, tutti godono la libertà, la pace, il divertimento, quando sanno essere prudenti, cauti ed onorati".

[valerio refat]