Amleto2 (il popolo non ha il pane? Diamogli le brioche)


Anno
2012

Genere
dramma

In scena
fino al 25 novembre
Ambra Jovinelli | Roma

Autore
William Shakespeare
Adattamento/Traduzione
Filippo Timi
Regia
Filippo Timi,
Stefania De Santis
Direttore allestimento
Emanuele Salamanca
Costumi
Simona Dondoni,
Ginevra Danielli
Luci
Mirco Segatto
Interpreti
Lucia Mascino, Marina Rocco, Luca Pignagnoli, Elena Lietti, Filippo Timi
Produzione
Teatro Franco Parenti

 

Uno degli attori che devono eseguire la recita architettata da Amleto per mettere in difficoltà lo zio Claudio, prima che incominci la rappresentazione, scoreggia per un paio di minuti.
Gertrude (Lucia Mascino) sospesa sul trono a gambe larghe rivolta a Amleto gli urla (letteralmente) “Lo prendo nel culo da tuo zio, ma prima lo prendevo nel culo da tuo padre. E per questo non mi posso sedere, mi devo sfiammare”.
Alcuni brani sono recitati imitando Bombolo o Lino Banfi.
Canzoni di Lucio Battisti.
Lo spettacolo si chiude sulla difficoltà di trovare parcheggio a Roma.

La rivisitazione di “Amleto” di William Shakespeare, scritta da Filippo Timi è un curioso pastiche volutamente senza capo ne coda, volutamente greve, volutamente insulso, volutamente volgare, involontariamente grottesco.

Un pastiche dove si trova di tutto: la psicanalisi (Amleto non è nient’altro che un coglione afflitto da complesso di Edipo), la maieutica (Ofelia suicidandosi tira fuori il meglio di sé), il meta teatro (attori che recitano attori, che vorrebbero far gli attori), la critica di costume (da Amleto a Claudio, da Laerte a Polonio, è tutto un magna magna), la metafora (conquistare il culo di Gertrude vuol dire conquistare il potere), la metastasi (la lenta dissoluzione del teatro, se si continuano a mettere in scena spettacoli del genere).

Dal punto di vista della confezione e dei mezzi, non manca niente. Una scenografia che ricorda le piste del circo interamente racchiusa in una sorta di enorme gabbia, è funzionale allo spettacolo. Si entra e si esce o si scalano le inferriate del recinto, come si entra e si esce e si cerca di scalare l‘involucro del testo shakespeariano.

Gli attori sono efficaci e non solo Filippo Timi, che gioca senza forzare la parte istrionica, ma anche gli altri (Mascino, Marina Rocco, Luca Pignagnoli, Elena Lietti) e in particolar modo la ragazza bionda (LA Rocco), credibile e mai esteriore nei monologhi che aprono e chiudono la piéce.
La regia asseconda gli sbalzi di ritmo, i passaggi dalla comicità alla lirica, dal sarcasmo alla riflessione, dall’ironia alla provocazione rendendo lo spettacolo giustamente fluido.
Tutto funziona insomma. Tranne il testo. [paolo zagari]