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Regia |
Rodrigo
Plà |
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Sceneggiatura |
Laura
Santullo |
Fotografia |
Emiliano
Villanueva |
Montaggio |
Bernat
Vilaplana, Ana Garcìa,
Nacho Ruiz Capillas |
Scenografia |
Antonio
Munohierro |
Costumi |
Malena
De la Riva, Adela Cortázar
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Musica |
Fernando
Velazquez |
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Interpreti |
Daniel Giménez Cacho, Maribel Verdù, Carlos
Bardem,
Daniel Tovar, Alan Chàvez, Mario Zaragoza, Marina
De Tavira |
Produzione |
Morena
Films, Buenaventura Producciones |
Anno |
2007 |
Nazione |
Spagna, Messico |
Genere |
drammatico |
Durata |
95' |
Distribuzione |
Sacher
Distribuzione |
Uscita |
04-04-2008 |
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La
zona è un quartiere residenziale nel centro di Città
del Messico, recintato, monitorato da telecamere e protetto
da guardie private. Al di fuori della zona la miseria più
nera. Un’oasi in mezzo all’immondizia. Una notte,
in seguito ad una tempesta , si crea un varco di accesso alla
zona. Tre ragazzi delle borgate vi si introducono e tentano
di rubare in una delle case. La rapina finisce male: una donna
resta uccisa e le guardie fanno fuori due dei rapinatori.
Il terzo, Miguel, si mette in salvo ma rimane chiuso nella
zona. Per evitare che si sappia cosa è successo i residenti
si organizzano per insabbiare tutta la faccenda. Miguel costituisce
un pericolo per la loro tranquillità. Comincia allora
una incessante caccia all’uomo destinata a concludersi
in tragedia…
Crudissima parabola sull’eterna guerra tra ricchi e
poveri, divario incontrollabile e sempre più abissale
nelle grandi città. Impressionante la lucidità
di sguardo nel definire i tratti di un mondo in apparenza
perfetto fondato su leggi proprie che non hanno alcun punto
di riferimento con la realtà. La zona ha le sue leggi,
fuori della zona ce ne sono altre. E la polizia non può
nulla. Neppure chi vorrebbe fare giustizia. Vige la regola
del compromesso. La verità non è contemplata
nella salvaguardia del privilegio. Il mondo fittizio che si
è creato all’interno della zona deve restare
svincolato dal marciume dell’ambiente esterno. Non ci
deve essere contaminazione. Al di fuori dei confini c’è
solo immondizia. Da tenere alla larga. La chiusura territoriale
comporta anche una restrizione mentale generalizzata. I padri
educano i figli secondo leggi personali. Occhio per occhio,
dente per dente sostiene una delle residenti quando parla
della pena da infliggere al delinquentello ancora a piede
libero entro i confini della zona. Siamo ancora più
lontani dalla mentalità forcaiola della gente impazzita
di Lang e del suo mostro di Dusseldorf. Là almeno c’era
la certezza del crimine qui solo la smania di cancellare ogni
traccia che possa smascherare la menzogna su cui si fondano
le esistenze di questo paradiso fasullo. Esemplificativa la
terribile scena della barbara uccisione di Miguel, schiacciato
come uno scarafaggio dalla folla inferocita. Il ricco che
schiaccia il povero. Le due classi sociali ormai non si possono
più mescolare. Ogni tentativo di avvicinamento è
da evitare. I due poli devono restare opposti. Nessun contatto.
Ne va della propria incolumità. Il paradiso per restare
tale deve essere immacolato. Non può sporcarsi con
il sudiciume esterno. Eppure chi si spinge al di là
dei confini si accorge che fuori non è poi così
male. Un filo di speranza in questo triste e nero ritratto
morale della società odierna c’è. La scena
finale con uno dei ragazzi della zona che, disgustato dai
suoi concittadini, decide di uscire dal recinto per dare giusta
sepoltura al povero Miguel, fa ben sperare su una possibile
apertura al mondo esterno, all’altro da sé, alla
diversità.
[marco catola]
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Note
di regia: Rodrigo Plà
La
Zona è la storia di una rapina a mano armata e di una
caccia all’uomo ma, prima di tutto, è la storia
di una società spezzata, fatta di due mondi che si
temono e si odiano a vicenda.
Cosa si può fare quando l’inefficienza e la corruzione
di chi dovrebbe fare giustizia ci lasciano senza protezione?
Cosa si può fare in un mondo dove una minoranza di
persone è sfacciatamente ricca e una maggioranza disperatamente
povera?
Cosa si può fare contro il terrore di chi si isola
dietro ad un muro e contro l’amara frustrazione di chi
invece vive dal lato opposto?
La Zona tenta di lanciare un avvertimento su come le cose
si stiano evolvendo, di mettere il pubblico in guardia da
un modello di vita che si sta avvicinando sempre di più.
Circondandosi di alte mura i residenti della Zona impediscono
agli altri di entrare, senza rendersi conto che quelle mura
sono il simbolo della loro prigionia. Con la scusa di proteggere
loro stessi rinunciano al diritto essenziale alla libertà,
sacrificata in nome del
circuito chiuso che li controlla tutti. Un prezzo da pagare
troppo alto per una sicurezza che non può mai essere
assoluta. Per quanto grande sia la fortezza, per quanto alte
le mura, finché ci sarà una disuguaglianza fuori
controllo, ci sarà sempre qualcuno disposto
a scalare quel muro.
La storia è vista attraverso lo sguardo di un ragazzo,
Alejandro, che vive nella Zona e che si trova costretto a
confrontarsi con un mondo più grande della vita artificiale
e confortevole che ha sempre conosciuto. La catena violenta
di eventi che si susseguono nella Zona e il rapporto che instaura
con Miguel lo costringono a rimettere tutto in discussione.
Osservando da vicino le motivazioni delle due opposte fazioni,
Alejandro trova la propria etica personale e riconosce in
mezzo al caos la propria visione della giustizia. La legge
deve regolamentare la convivenza all’interno della società,
anche chi sbaglia deve poter contare su una giustizia che
decida della sua punizione.
Mi è parso essenziale sfruttare l’uso delle telecamere
a circuito chiuso per creare un’impressione di sorveglianza
costante, per rafforzare un’atmosfera di paranoia, con
i residenti che aspettano costantemente l’“attacco
imminente”. Quella stessa paranoia li porta ad adottare
un comportamento totalizzante, da branco, che “neutralizza”
subito ogni azione contraria a quella della maggioranza.
Attraverso la diversa qualità delle immagini sono riuscito
a creare un modo per distinguere il “dentro” dal
“fuori”, enfatizzando all’interno della
Zona l’idea di un mondo idilliaco, pulito, così
perfetto da sembrare una scenografia, falsa ed ipocrita.
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