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Anno
2012
Nazione
USA
Genere
azione
Durata
157'
Uscita
07/02/2013
distribuzione
Universal Pictures |
Regia |
Kathryn
Bigelow |
Sceneggiatura |
Mark
Boal |
Fotografia |
Greig
Fraser |
Montaggio |
Dylan
Tichenor, William Goldenberg |
Scenografia |
Jeremy Hindle |
Costumi |
George
L. Little |
Musica |
Alexandre Desplat |
Produzione |
Annapurna Pictures, First Light Production |
Interpreti |
Jessica
Chastain,
Jason Clarke,
Joel Edgerton,
Jennifer Ehle,
Mark Strong, J
ames Gandolfini |
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2001-2011:
nell'arco di questo decennio, dal drammatico attacco alle
Torri Gemelle si è arrivati all'uccisione di Bin Laden.
Nel frattempo il cammino è stato a dir poco tortuoso
e l'agente Maya (Jessica Chastain), al servizio della CIA,
è l'unica che ha dimostrato la sovrumana tenacia e
la concretezza per arrivare all'uomo più ricercato
al mondo. Segnati dalla cronaca internazionale, gli attentati
di Londra, le missioni di guerra, i servizi segreti hanno
battuto ogni sentiero: il ritorno alla tortura (o per dirla
politicamente corretta alla “tecnica d'interrogatorio
rinforzata”), le intercettazioni, la corruzione, la
collaborazione, la semplice attesa di un passo falso e la
disillusione. Alla fine forse solo l'insieme di tutte queste
cose ha potuto portare ad una soluzione.
La discriminante alla base di questo film è che il
pluripremiato sceneggiatore Mark Boal (“The
Hurt Locker”, “Nella
valle di Elah”) ha dovuto riscrivere
letteralmente il finale in seguito alla notizia della cattura
di Bin Laden, poiché il progetto iniziale si proponeva
solo di raccontare l'attività della CIA per scovare
il suo nascondiglio e scoprire se fosse ancora vivo. Ciò
ha fatto accodare una sorta di piccolo film nel film, con
una ricostruzione accuratissima dell'attacco in notturna (lo
“Zero Dark Thirty”
del titolo) portato a termine dai Navy Seals. Questo per dire
che avvicinarsi alla storia recente e ancora così viva
e per certi versi dolorosa, pretendere di fissarla su carta
o celluloide prima che l'orizzonte si sia schiarito, è
frutto di un'ambizione smisurata e mai completamente appagabile,
anche per due cineasti di indubbio valore come Boal stesso
e la Bigelow. Il rigore, la minuziosità, l'imparzialità
con cui il tutto viene affrontato, piuttosto che a condannarla
spinge ad apprezzare cotanta presunzione, proprio perchè
forte di una tecnica narrativa collaudatissima e coinvolgente.
Quattro anni fa, “The
Hurt Locker” ha rivoluzionato grazie
alla sensibilità inconsueta e verrebbe da dire femminile
della Bigelow il concetto di terrore nel film d'azione. Alle
schiere di cattivi surreali e caricaturali che continuano
a popolare le sale soccombendo all'eroe di turno, si è
pensato bene di contrappore un male allo stesso tempo reale
e indefinito, come quello delle mine disseminate nei territori
di guerra. Anche qui l'impotenza, l'orrore di fronte all'integralismo
non faticano a tenere incollati alla poltrona per più
di due ore e mezza, regalandoci comunque un esempio assolutamente
sopra la media di cinema di genere; purtroppo l'indomabile
frammentarietà e la complessità dell'azione
tolgono spessore ai personaggi (a partire dalla protagonista)
senza approfondirne i caratteri, mancando quel magico climax
emotivo che avevano generato gli artificieri americani di
stanza in Irak e lasciando una sensazione di incompletezza.
In patria, questo film sta oscillando vorticosamente tra le
lusinghe degli incassi e delle nominations agli Oscar e le
polemiche per gli aspetti politici: la tortura iniziale su
Reda Kateb (intenso volto de “Il
profeta”) viene mostrata crudamente
e lascia giustamente allo spettatore la facoltà di
stabilire se anche tale metodo ha contribuito a ottenere i
risultati finali; i Presidenti americani e la politica restano
sullo sfondo, ben distanti dalle persone che hanno votato
la propria esistenza ad una lotta che difficilmente porterà
ad un reale sollievo. La cattura di Osama arriva in realtà
come il suggello di un viatico, ma resta la sensazione che
la soluzione di tutti i problemi non si trovasse più
o non fosse mai stata solo in quel bunker in Pakistan.
Da segnalare un significativo cameo di James Gandolfini, passato
da icona televisiva della mafia americana a sboccato capo
della Cia: a buoni intenditori di allusioni cinefile poche
parole.
[emiliano duroni]
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