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Regia |
Martin
Scorsese |
Sceneggiatura |
Terence
Winter |
Fotografia |
Rodrigo
Prieto |
Montaggio |
Thelma
Schoonmaker |
Scenografia |
Chris
Shriver |
Costumi |
Sandy
Powell |
Musica |
Howard
Shore |
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Il
cinema di Martin Scorsese è pieno di vite Bigger Than
Life che ama raccontare a scopo esemplificativo per raccontare
un pezzo di storia americana e non. Prende una parte per raccontare
il tutto; mette a fuoco il dettaglio per illustrare il generale.
E' accaduto in Toro scatenato,
Re per una notte, Casinò, Kundum, The Aviator
e si ripete con la sua controversa ultima fatica The
Wolf of New York, basata sulla biografia del
broker di Wall Street Jordan Belfort.
Un uomo dalle molteplici dipendenze: sesso, soldi, stupefacenti.
Un uomo avido, lussurioso, iracondo capace di trasformare uomini
qualunque in lupi della finanza, venditori senza freni di qualsiasi
schifezza, incapaci di ricevere un rifiuto; in una parola un
branco di lupi affamati di successo. Un successo che si misura
in soldi accumulati, stupefacenti consumati, puttane collezionate.
Un ambiente eccessivo che Martin Scorsese illustra con uno stile
assolutamente sopra le righe. E non parliamo delle “569
variazioni di «fuck» in 179 minuti, che fa una ogni
20 secondi, per la precisione 3,18 al minuto” come riportato
in un divertente articolo de www.corriere.it
(da capire se in questa statistica sono contati anche le diverse
dita medie alzate o meno), ma parliamo delle diverse scene di
sesso (etero, omo, lesbo etc etc), dei diversi modi di consumo
di sostanze illegali (crack, cocaina, morfina, quaalude), della
morale di fondo che battezza un periodo (gli Anni Ottanta) in
cui la qualità di una persona era valutata in base al
suo conto in banca.
La visione delle 3 ore di The
Wolf of Wall Street è come salire su
un treno in corsa lanciato senza freni verso il baratro. Il
ritmo incalzante delle immagini, la recitazione tanto sopra
le righe da risultare straniante (una sorta di teatro dell'assurdo)
dell'intero cast, un racconto che mostra ma non spiega il perchè
o percome si è arrivati ad una certa situazione, sono
i caratteri distintivi di una pellicola che promette molto e
poco mantiene.
Scorsese, contrariamente ai suoi
film precedenti, mostra Il Male, senza avere l'ambizione o
la curiosità di spiegarlo. Quando ci prova (come nella
divertente sequenza in cui Di Caprio sguardo in macchina,
rompendo il confine tra schermo e platea, si rivolge al pubblico
tentando di illustrare i meccanismi borsistici che stanno
dietro il suo “fare”, rinunciando lasciandoci
con un palmo di naso) abbandona, regalandoci alcune belle
sequenze come l'incredibile Di Caprio assuefatto al quaalude
- pasticche di metaqualone con azione allo stesso tempo sedativa-ipnotica
e euforica – che tenta di evitare una compromettente
telefonata con il suo socio di scorribande Donnie Azoff (Jonah
Hill, candidato non-so-perchè all'Oscar), ma nulla
più.
Rimane la messa inscena
da inferno dantesco, baccanale romano, surreale alla Terry
Gilliam, ma alla lunga vuoto e fine a se stesso, come gli
ultimi lavori dello stesso Gilliam (vedi il recente The
Zero Theorem).
Il cinema di Scorsese
sembra aver perso la magia che avevamo intravisto in Hugo
Cabret, quasi che la vecchiaia abbia desertificato la voglia
del regista italo-americano di scendere in profondità,
accontentandosi di un cinema puramente illustrativo ma decisamente
vuoto.
[fabio melandri]
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Interpreti |
Leonardo
DiCaprio, Jonah Hill, Matthew McConaughey, Jon Favreau,
Kyle Chandler, Jean Dujardin
Jon Bernthal, Rob Reiner, Margot Robbie, Katarina Cas |
Produzione |
Appian
Way, EMJAG Productions, Red Granite Pictures, Sikelia
Productions |
Distribuzione |
01
Distribution |
Uscita |
23/01/2014 |
Nazione
| Anno |
USA |2013 |
Genere
| Durata |
drammatico | 180' |
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