W.
id.
Regia
Oliver Stone
Sceneggiatura
Stanley Weiser
Fotografia
Phedon Papamichal
Montaggio
Joe Hutshing
Scenografia
Derek Hill
Costumi
Michael Dennison
Musica
Paul Cantelon
Interpreti
Josh Brolin, James Cromwell, Elizabeth Banks, Ellen Burstyn, Richard Dreyfuss, Ioan Gruffudd, Jason Ritter, Jeffrey Wright, Scott Glenn, Thandie Newton, Toby Jones, Noah Wyle
Produzione
Emperor Motion Pictures, Millbrook Pictures, Global Entertainment Group,
Onda Entertainment, Qed International
Anno
2008
Nazione
USA
Genere
drammatico
Durata
129'
Distribuzione
Dell'Angelo Picture
Uscita
16-01-2009
Giudizio
Media

Rendere sul grande schermo la vita di qualcuno è sempre impresa intellettuale non di poco conto.
Si scegliere la via dell'omaggio al personaggio con il rischio di scadere nella mitizzazione acritica, si può ridurre i grandi personaggi a macchiette melodrammatiche (metodo Rai Fiction), si può trasformare il personaggio in simbolo di qualcos'altro e renderne la vita di conseguenza.
Ultimamente sono uscite almeno tre pellicole interessanti che azzardano oltre, narrando la vita di tre personaggi ancora viventi: Io non sono qui, Il divo, W.
La prima sceglie la via dell'omaggio, la seconda, appresa la lezione di Petri, quella del simbolismo, ma entrambe invece di puntare a una riproposizione “esatta” degli eventi preferiscono puntare, seppur con metodi diversi, su una narrazione iperrealistica (qualche anno fa si sarebbe detto “postmoderna”, ma non va più di moda, dicono). Entrambi i film sono decisamente riusciti.
Oliver Stone, regista non nuovo al biopic di politici e musicisti, proprio con le biografie ha toccato i punti più bassi della sua altrimenti brillante carriera. Questo W. non fa eccezione e conferma la curva discendente del regista di Talk Radio e Assassini nati.
Il film, che alterna le giornate precedenti allo scoppio della guerra in Iraq a flashback del giovane George, è di un'ingenuità disarmante. Tutti i più importanti nomi che hanno governato sotto Bush in questi anni vengono ridotti alla percezione popolare che si ha di loro: Bush fessacchiotto, Rice maestrina, Cheney e Rumsfield manipolatori. I flashback sulla vita pre-White House di Bush Jr sono una lunga carrellata su un figlio che cerca di farsi notare dal padre riscattando una giovinezza da pecora nera della famiglia (“Who do you think you are... a Kennedy? You're a Bush. Act like one”, lo rimprovera il padre), ma non convincono.
La satira c'è, di tanto in tanto, giusto a ricordarci che è un film di Stone, ma è grossolana e didascalica dove vorrebbe invece essere sottile: “Forse stiamo sbagliando strada” dice Bush dopo essersi smarrito col suo staff, nella tenuta in campagna mentre discutevano di piani per il dopo-Saddam.
Una biografia innocua, scialba e pure un po' noiosetta, dunque, che non fa che accreditare l'immagine che i detrattori del presidente hanno già di lui e che giusto allo staff che cura l'immagine del presidente uscente poteva infastidire (è il loro lavoro, del resto). Ci si chiede se hanno ragion d'essere tutti gli ostacoli che si sono frapposti alla sua uscita italiana. [davide luppi]