Vogliamo anche le rose
id.
Regia
Alina Marazzi
Sceneggiatura
Alina Marazzi
Fotografia
Mario Masini
Montaggio
Ilaria Fraioli
Animazione
Cristina Seresini
Suono
Benni Atria
Musica
Ronin
Voci
Anita Caprioli, Teresa Saponangelo, Valentina Carnelutti
Produzione
MIR Cinematografica, RAI CINEMA, Fox Channels Italy, Ventura film, RTSI - Televisione Svizzera
Anno
2007
Nazione
Italia, Svizzera
Genere
documentario
Durata
85'
Distribuzione
Mikado
Uscita
07-03-2008
Giudizio
Media

Anita, Teresa e Valentina non si sono mai incontrate. Hanno vissuto nell’Italia degli anni sessanta e settanta, in età diverse e in città lontane. Ma le loro storie vere, riportate in diari privati, sono in un’ideale continuità, testimonianza di lotte famigliari e politiche,
personali e collettive, per affermare autonomia, identità e diritti in un Paese patriarcale.

Nel 1964, Anita è un’adolescente, ragazza brava di una famiglia bene. È timida e riflessiva. Spesso si chiude nella stanza notturna e confessa al suo diario tutto il suo senso di inadeguatezza e fragilità. “Ci ha invitati la famiglia di sotto: questa sera devo andare per la prima volta a ballare! Ho una fifa maledetta, mal di stomaco eccetera. Quanti anni ho?? Quasi diciassette!! … e invece sono stata coraggiosissima!”. Mentre fuori dall’appartamento borghese della Milano bene, i suoi coetanei iniziano a fare esperienza di autonomia e rivolta, lei si chiude e fa i conti con i dettami di una cultura borghese, autoritaria e moralista. Anita vorrebbe scoprire l’amore e il sesso, ma l’educazione che le hanno impartito la blocca inibendole una piena e consapevole esperienza del suo corpo e della sua vita.

Teresa invece l’amore e il sesso li ha già scoperti, e a soli vent’anni è rimasta incinta. Cosa fare? Come gestire una gravidanza indesiderata in una cultura meridionale quale quella della sua famiglia? “Per un'altra donna questo momento poteva essere di grande felicità. Ma non per me. Per me è la tragedia. Per me è la fine. Penso solo a mio padre, a mia madre, e che sarebbe meglio morire”. Teresa decide di abortire, e così il diritto per cui si stava battendo insieme alle compagne del collettivo non è più uno slogan ma diventa parte della sua vita, visto che l’aborto nel ’76 è illegale. Lascia il suo paese nel Sud e va a Roma: maestosa, straniante e ora nemica, sfila nelle sue strade rumorose e nei palazzi fitti. Teresa farà esperienza di un aborto clandestino, consumato in una stanza anonima, su di un lettino gelido, da un ginecologo sconosciuto. Riporterà sulle pagine del diario i sentimenti e le riflessioni di una pratica che da lì a poco diventerà un diritto, per lei non più astratto.

Valentina a Roma c’è nata, ci vive e opera da militante femminista, attiva nei circoli e collettivi, ben nota al “Governo Vecchio”. Vive i suoi trent’anni intensamente, mettendo sempre in relazione il “personale con il politico”, cercando di trovare un equilibrio possibile tra le muse del separatismo e una piena e condivisa storia d’amore con uomo.
Una sera è con il suo Francesco, finalmente intimi, ma una telefonata la distoglie: un commando di compagne ha gambizzato un ginecologo. Deve correre, sperando di trovare al ritorno la sua storia d’amore ad aspettarla.
Ma Valentina è consapevole che questo grande periodo conflittuale di lotte e passioni. politica e sesso, sta finendo perché, come scrive sul suo diario: “Siamo sconfitti, uomini e donne, dopo il '77 e penso che i veri effetti saranno lenti a insediarsi nelle nostre coscienze”.

Queste tre donne non si conoscono, ma la loro testimonianza ha una ugual tensione e si muove, inconsapevole, in un’unica direzione: un sommovimento generazionale che ha preso le singole e private concezioni della vita e del mondo e le ha fuse in una visione collettiva e pubblica. I 20 anni che hanno cambiato la vita di ognuno di noi.

Vogliamo anche le rose è il terzo documentario di Alina Marazzi dedicato a storie e identità femminili. Con Un’ora Sola ti vorrei, l’autrice ricostruisce la figura di una donna, sua madre, che perse quando era bambina. Per Sempre indaga le ragioni che spingono alcune donne a fare una scelta di vita definitiva all’interno di comunità monastiche. Con Vogliamo anche le rose lo sguardo di Alina Marazzi si veste di un senso di compartecipazione alle vicende collettive delle donne e alle loro battaglie.

Dichiarazioni della regista
Il film immagina gli eventi narrati nei diari ricorrendo a materiali di repertorio dell’epoca, accostandoli, forzandoli ed esaltandoli in una libera interpretazione che vuole andare al di là della ricostruzione storica per cogliere il più possibile tutta la verità emotiva e esistenziale di cui la storia è fatta.
Fotografie, fotoromanzi, filmini di famiglia, inchieste e dibattiti televisivi, film
indipendenti e sperimentali, riprese militanti e private, pubblicità, musiche e animazioni d’epoca e originali, oltre ai tre diari privati, sono la stratificazione visiva e sonora su cui riscrivere una storia del passato recente alla luce di un futuro incerto.
Il racconto si snoda su due linee narrative che si intersecano continuamente tra loro e che costituiscono i poli di una dialettica tra la sfera pubblica e quella privata. Il momento pubblico tende a rappresentare l’evoluzione dei modelli culturali, sociali e politici dominanti, trasformati dalle lotte femministe e civili in materia di aborto, divorzio, contraccezione e violenza sessuale. A definirlo sono i repertori d’archivio pubblici e privati.
Il momento privato è garantito da racconti in prima persona, desunti dai diari inediti di tre donne provenienti da ambienti e culture diverse. Le loro storie, intime e personali, sono rappresentative delle esperienze, sofferenze, lotte e cambiamenti che i singoli hanno tentato, supportati dall’umore sociale del tempo e si modellano come esemplari del cambiamento in atto.
Sfera pubblica e privata, quindi, dialogano senza soluzione di continuità, fungendo la prima come cornice storico-sociale, la seconda come ingrandimento di un particolare accolto nell’universale.
Ho voluto ripercorrere la storia delle donne tra la metà degli anni 60 e la fine degli anni 70 per metterla in relazione, a partire dal ‘caso italiano’, con il nostro presente globale, conflittuale e contraddittorio.

Con l’intenzione di offrire uno spunto di riflessione su temi ancora oggi parzialmente irrisolti o oppure addirittura platealmente rimessi in discussione. Dove sono approdate oggi queste donne? Che tipo di coscienza hanno di sé, quali sono ancora i traguardi da raggiungere, i desideri da esaudire? Come vivono le loro relazioni affettive, l’amore, la maternità?

Di quanto esigeva il celebre slogan ‘Vogliamo il pane, ma anche le rose’, con cui nel 1912 le operaie tessili marcarono con originalità la loro partecipazione a uno sciopero di settimane nel Massachusetts, forse il necessario, il pane, è oggi dato per acquisito. Ma le donne si sono battute per un mondo che desse spazio anche alla poesia delle rose. Ed è una battaglia più che mai attuale.

Contesto storico: Dall'individuale al collettivo. Dall'esistenza alla coscienza
Da dove erano sbucate, all'improvviso e tante, quelle giovani donne così riconoscibili nei segni, nei simboli, nelle parole, negli oggetti e nei vestiti che, negli anni Settanta riempirono le piazze e le strade delle città italiane? Venivano dalla rivolta delle "bamboline", dalla lotta sorda e nascosta nell'ambito familiare, per conquistare il diritto ad uscire di casa, a frequentare amici e sale da ballo, a sposarsi quando volevano loro e con chi volevano, ad avere un lavoro indipendente, a poter frequentare le scuole per accedere ai vari gradi dell'istruzione. Venivano di un percorso formativo nel quale emancipazione e liberazione si mescolavano ponendo, assieme e contemporaneamente, il tema dell'eguaglianza con l'uomo e quello della differenza della donna. La rivolta delle donne negli anni Settanta era il risultato di una sedimentazione di rabbie, inquietudini, malesseri esistenziali, vissuti nella solitudine della famiglia, che avevano caratterizzato la gioventù nel decennio precedente, evidenziando un protagonismo giovanile di genere femminile che fondava quella che si può definire la storia doppia di una generazione, quella degli uomini e quella delle donne.

Per quelle giovani donne, in procinto di sentirsi femministe, il '68 non fu l'evento iniziale, ma un tempo di accelerazione, uno snodo che permise loro di esprimere la propria soggettività e di investire con la forza di un pensiero critico e vitale vecchie contraddizioni legate alla lunga storia delle relazioni tra uomini e donne.
La pratica intrapresa dalle giovani donne in rivolta portò alla costituzione di gruppi di autocoscienza e collettivi. Partirono dalla riflessione sulla propria esperienza, per socializzarla, per darsi una coscienza collettiva di genere e scesero in campo contro costumi, usanze e abitudini vecchie e opprimenti, svelarono i limiti di una sessualità pensata e praticata solo al maschile, condussero una battaglia per i diritti civili: in primo luogo la difesa delle legge sul divorzio nel 1974, che il referendum voluto dai cattolici e dai conservatori non riuscì ad abolire; poi una lunga, faticosa lotta contro l'aborto clandestino e per una maternità consapevole e scelta dalla donna, che portò all'approvazione di una legge che legalizzò l'aborto nel 1978.

(diego giachetti – storico)