Hanna,
una ragazza misteriosa e solitaria. Josef, un uomo ustionato
e momentaneamente cieco. Una piattaforma petrolifera. L’incontro.
Lei è infermiera, lui si è ferito sul lavoro.
Tra i due comincia a crearsi uno strano rapporto, intimo e confidenziale.
L’una rivela all’altro cose che non avrebbe rivelato
a nessuno. Hanna è in fuga dal passato. Josef idem. Ma
il passato da cui scappano non ha la stessa valenza. Il divario
di sofferenza è impari. Josef si sente in colpa per aver
amato una donna sposata. Hanna nasconde ben più terribili
segreti…
Un film sul passato, sull’(im)possibilità di superarlo,
di farlo sopravvivere nel presente, di non dimenticarlo. Il
mondo segreto delle parole è un microcosmo a sé
stante che vive dentro di noi come pesci in fondo al mare. Le
parole sono imprigionate e affiorano solo in certi momenti della
nostra vita e non ci lasciano scampo. Sono le parole che continuano
a turbare le nostre notti, senza permetterci di vivere i nostri
giorni. Non basta anestetizzarci con lavori che ci impegnano
tutto il santo giorno, tanto arriva un momento in cui le parole
da cui scappiamo affiorano di nuovo, e di nuovo, e di nuovo.
Come si può permettere che le parole escano una volta
per tutte dalla nostra vita/corpo/mente? Le parole brulicano
nella nostra mente come cavallette impazzite e si accalcano
sulle corde vocali per poter uscire fuori ed essere ascoltate
ma la vergogna di essere sopravvissuti ad una tragedia ne ottura
il passaggio. Non sempre riescono a fuoriuscire ma finiscono
per disperdersi in un limbo tra testa e gola. Il dolore, la
consapevolezza della sofferenza, la condivisione della tragedia,
l’affinità emotiva. Forse sono questi i mezzi che
permettono alle parole di uscire dal forzato silenzio che le
costringe ad errare senza meta dentro di noi e una volta aperto
il canale non si fermeranno più. [marco
catola]
|
|