Dopo New
York, ma meglio sarebbe dire Manhattan, Venezia, Parigi e
Londra, continua il personalissimo Grand Tour di Woody Allen
nelle città del suo cuore. Siamo a Barcellona, capitale
della Catalogna, in cui è ambientata la nuova “commedia”,
in cui si ride poco e di cui facciamo fatica a ricordare almeno
una battuta fulminante; in passato non ci sarebbe bastato
un block notes intero. Forse realizzare un film all’anno
non è più sostenibile per il regista newyorkese,
o forse fuori dalle sue locations e da ambienti che conosce
alla perfezione, Allen dà la sensazione di essere un
pesce fuori l’acqua, boccheggiante in cerca di ossigeno
che equivale al suo graffiante umorismo, alla lucida descrizione
e rappresentazione di psicologie e rapporti interpersonali.
Siamo a Barcellona, capitale della Catalogna, al seguito di
Vicky e Cristina, due belle ragazze americane, amiche dal
college ma assai diverse per approccio alla vita.
Vicky, ragazza posata, è fidanzata con un ragazzo molto
rispettabile. “Una persona più tradizionalmente
borghese che sembra avere una vita decisamente più
felice - osserva Allen -. Una vita più organizzata,
più stabile e che funziona meglio. Forse non riuscirà
a fare niente che vada al di là degli obiettivi che
si è prefissata, ma sicuramente vivrà una vita
felice con il marito, che è un bravo ragazzo”.
Cristina invece è sessualmente ed emotivamente disinibita
ed è alla continua ricerca della passione travolgente
che la faccia camminare a due metri da terra. “Il personaggio
di Cristina – continua il regista - invece ha meno probabilità
di trovare qualcosa di soddisfacente perché è
sempre alla ricerca di novità, e sa solo cosa non vuole.
Al contempo però avrà sicuramente una vita più
varia e forse un giorno, se avrà fortuna, qualcosa
cadrà dal cielo e la farà felice”.
Tra le amiche si frappongono due focosi ed appassionati spagnoli,
il pittore Juan Antonio (Javier Bardem) e la sua vulcanica
ex moglie Maria Elena (Penélope Cruz). Nonostante siano
innamorati pazzi, i due spagnoli sono in perenne conflitto
per motivi che nessuno dei due riesce a comprendere fino in
fondo. La tensione dà origine ad un girotondo forsennato
di innamoramenti, litigate feroci, colpi di pistola e baci
saffici che si susseguono con estrema leggerezza e velocità,
senza soluzione di continuità.
La debolezza del film non risiede nelle prove attoriali di
un cast eterogeneo ma molto ben amalgamato in pieno clima
“spanglish” con Javier Bardem, Penélope
Cruiz, Scarlett Johansson (qui al suo terzo film consecutivo
con Allen, Diane Keaton inizia a tremare) e Rebecca Hall,
ma nella scrittura stessa del film priva di mordente, inventiva,
genialità. La voce off del narratore onnisciente è
pretestuosa allo sviluppo del racconto e alla lunga infastidisce
e carica di troppe parole la traccia sonora del film. Gli
eventi si susseguono e si ribaltano con una velocità
irreale, i personaggi entrano ed escono dall’area di
interesse del regista con troppa disinvoltura e volubilità.
Chi conosce il cinema di Allen sa quanto lo scenario, gli
ambienti, le città in cui rappresenta i suoi conflitti
siano funzionali alla narrazione, quanto assumano la dimensione
di personaggio. Qui invece, nonostante le dichiarazioni del
regista “Quando ho iniziato a scrivere la sceneggiatura,
pensavo solo a inventare una storia che fosse ambientata a
Barcellona. Desideravo rendere omaggio a Barcellona perché
è una città che amo moltissimo, come del resto
amo tutta la Spagna. E’ una città bellissima
dal punto di vista visivo ed è dotata di una sensibilità
romantica. Una storia come quella raccontata nel mio film
poteva succedere solo a Parigi o a Barcellona”, la città
è puro ed asettico scenario, quinta immobile e decorativa
incapace di trasmettere l’anima e la passionalità
che erano nelle sue intenzioni.
Difficile ritrovare il grande Woody Allen all’interno
di questo pasticciaccio brutto in salsa catalana.
[fabio melandri]