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Regia |
Roman
Polanski |
Sceneggiatura |
David
Ives, Roman Polanski |
Fotografia |
Pawel
Edelman |
Montaggio |
Margot
Meynier, Hervé de Luze |
Scenografia |
Jean
Rabasse |
Costumi |
Dinah
Collin |
Musica |
Alexandre
Desplat |
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In un
teatro vuoto, il regista Thomas (Mathieu Amalric) ha appena
terminato delle infruttuose audizioni per trovare la protagonista
del suo adattamento de “La
venere in pelliccia”, celebre romanzo
scandalo di fine '800 di Sacher-Masoch. Proprio mentre sta
per spegnere le luci si presenta Vanda (Emmanuelle Seigner),
misteriosa ed esuberante attrice, che si chiama come la protagonista
del romanzo e dimostra una conoscenza del testo e del suo
autore più che sorprendente. Le sarà concesso
di provare la parte insieme a Thomas, avviando un gioco di
seduzione e affabulazione che porterà ad un continuo
sovvertimento delle parti.
Il miglior Polanski ha sempre amato mettere i propri personaggi
alle strette ( o in un “Cul
de sac”, per citare un suo capolavoro),
ma in vecchiaia sembra amare innanzitutto mettere dei paletti
alla propria scrittura. Se nel precedente e riuscitissimo
“Carnage”
si è concesso un appartamento con quattro personaggi
in scena, qui addirittura dimezza il numero dei protagonisti
restando ancorato ad una sostanziale unità di tempo
e d'azione.
Il cinema (meta)teatrale ha predecessori illustri come il
Cassavetes de “La sera
della prima” e soprattutto Bergman di
“Dopo la prova”;
l'ottantenne Polanski prende le distanze da questi modelli
ricamando di pungente ironia tutto il dialogo tra i due personaggi
e curando il ritmo e il continuo cambio di registro. Ne risulta
una godibile lotta per la supremazia tipica del cinema polanskiano
e più incline del solito a letture metaforiche.
Sin dalla presentazione al Festival di Cannes si è
badato a leggere in questo rapporto tra servo e padrona una
sorta di allegoria amorosa fin troppo scontata: pare più
interessante leggere questa guerra dialettica come un contrappunto
tra l'Autore e la sua Musa (e Vanda in fondo è qualcosa
a metà tra una trasfigurazione ed una Musa), che lo
frustra, lo umilia, ma che rappresenta in realtà la
condizione essenziale della sua esistenza.
Essendo tuttavia Masoch colui che ha dato il nome al “masochismo”,
Polanski (totalmente impermeabile al chiacchiericcio ed al
fango che lo ha circondato nella cronaca recente) non perde
occasione per omaggiare ancora una volta una forma d'amore
deviato e non “sano”, intendendo come intrinseco
alla vera passione il disinteresse per qualsiasi convenzione
(tema già trattato nel mai abbastanza apprezzato “Luna
di fiele”).
Nell'impresa di questo ennesimo virtuosismo cinematografico,
si affida ad un sostanziale minimalismo registico che punta
sull'eccezionale affiatamento tra un Amalric incredibilmente
somigliante all'uomo dietro la macchina da presa ed una sensuale
ed autoironica signora Polanski, che muove e usa il suo corpo
giunto quasi alla soglia dei cinquant'anni come se il tempo
si fosse fermato a qualche decennio fa.
L'ordito delle corrispondenze artistiche ha voluto che l'ultimo
Kubrick trattasse l'amore e l'inconscio trasfigurando la Vienna
di Schnitzler in “Eyes
Wide Shut”; un altro controverso autore
austriaco ha ora dato modo a Polanski di illuminare magicamente
con tocco caustico e inimitabile gli stessi temi. [emiliano
duroni]
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Interpreti |
Emmanuelle
Seigner, Mathieu Amalric |
Produzione |
R.P.
Productions, Monolith Films, Polish Film Institute |
Distribuzione |
01
Distribution |
Uscita |
14/11/2013 |
Nazione
| Anno |
Francia,
Polonia | 2013 |
Genere
| Durata |
drammatico | 96' |
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