L'ispettore
Monaco (Silvio Orlando) da due anni ha perso la moglie ed è
praticamente inattivo sul lavoro. Viene sollecitato ad aiutare
il collega Levi (Giuseppe Battiston) impegnato nello spigoloso
caso dell'omicidio di un ricco industriale, in cui la moglie
(Sandra Ceccarelli) sembra troppo facilmente la più sospetta:
l'importante come al solito in queste circostanze è risolvere
in fretta senza creare nessuno scandalo. Nel frattempo, la figlia
sedicenne (Alice Raffaelli) viene portata in questura per una
bravata in cui si è permessa persino di rubare la pistola
d'ordinanza al papà. Lo sviluppo delle indagini porterà
alla luce non solo scomode verità, ma anche i conflitti
laceranti tra il padre e la giovane.
Il polar (neologismo francofono che sta per “poliziesco
+ noir”) sbarca anche in Italia nello stesso anno in cui
Michele Placido con “Il
cecchino” ha provato ha reinterpretarlo
Oltralpe. Qui siamo invece in una Milano piovosa e scura come
una Los Angeles infestata di androidi, ma mai banale e ben tratteggiata
dalla macchina da presa dell'esordiente Bruno Oliviero. Un Silvio
Orlando più vissuto e cupo del solito è poi la
giusta maschera per questo viaggio negli abissi della nostra
attualità, in cui dietro alle istituzioni e alla rispettabilità
si annida il marcio.
Raymond Chandler, che sta al noir come Bruce Lee sta al kung
fu, ha sancito con le sue storie che da un'impronta di rossetto
lasciata su un bicchiere sulla scena di un delitto può
avere origine un vortice di ricatti, disgusto e squallore, che
non riguardano solo vittima e carnefice, ma in realtà
puntano il dito sul mondo che li ha generati ed allevati. Gli
sceneggiatori di questo film sembrano aver assimilato così
bene il concetto che il noir è il racconto morale per
eccellenza da sentire l'urgenza di colorare con l'attualità
e la cronaca più recente la sostanza dell'intreccio.
In questa ricerca però a mancare colpevolmente è
l'intrigo e la suspence, perchè il buon ispettore piuttosto
che seguire e raccogliere tracce apparentemente insignificanti
e scollegate come un Marlowe o un Sam Spade dei nostri giorni,
sembra solo sciogliere pian piano un grande nodo che risulta
allo stesso tempo scontato e forzato nel volersi ricongiungere
quietamente con la sottotrama del rapporto padre-figlia.
Insomma le due incursioni italiane nel polar di questo 2013
sono quantomeno discutibili, ma come consolazione si può
comunque pensare che un'epoca corrotta e guasta almeno quanto
l'America degli anni '30-'40 non mancherà di fornire
ulteriori fonti d'ispirazione. [emiliano
duroni] |