Good
Night America “Dagli studi della WNYH di New York
City, in onda in tutto il paese per una speciale edizione
dal vivo, è qui con voi Gabriel Noone e questo è
Noone at Night. Come narratore, ho saccheggiato per anni la
mia vita privata e l’ho messa nelle storie che vi raccontavo.
Come una gazza ladra, ho sempre avuto la tendenza ad afferrare
quello che luccica e a scartare il resto. Infatti, é
sempre possibile alterare i fatti quando si racconta una storia
ma questa volta, voglio fare attenzione. Vi esporrò
gli eventi così come li ricordo. Voglio che crediate
a questa storia; dopo tutto ritengo che sia abbastanza dura
già così com’è.”
Così la voce di Robin Williams, romanziere di successo
in crisi per l’abbandono del suo compagno, ci introduce
nelle pieghe di quella che con più asciuttezza nel
racconto, poteva essere un ottimo script per una serie, fate
voi la scelta, a caso tra Ai confini
della realtà ed Alfred
Hitchcock presenta.
Invece la pellicola del regista e sceneggiatore Patrick Stettner,
considerato uno dei volti nuovi del cinema indipendente americano
dopo il successo del suo precedente, ed invisibile in Italia,
The Business Of Strangers, dopo
un avvio interessante che ricorda atmosfere decadenti alla
Il sesto senso, e la presenza di Toni Collette nel
cast non aiuta ad allontanarsi da quell’idea iniziale,
si appesantisce di inutili digressioni e di un finale che
tarda troppo a lungo a chiudersi.
Tratto dall’omonimo romanzo di Armistead Maupin, il
film si basa su un episodio realmente accaduto all’autore.
Nel 1992 Maupin, l’osannato scrittore di San Francisco
autore della popolare serie di romanzi I racconti di San Francisco,
riceve un manoscritto opera di un quattordicenne che da bambino
aveva subito incredibili maltrattamenti e che era stato salvato
da un’assistente sociale che lo aveva incoraggiato a
scrivere la sua storia per tentare di liberarsi dei suoi incubi.
“Le sue memorie erano incredibili,” racconta Maupin.
“Era come leggere Il diario di
Anna Frank.” Maupin resta talmente colpito dalla
storia di sopravvivenza di quel ragazzino che chiede all’editore
di parlare con lui perché vuole fargli i complimenti
e dirgli quanto ha apprezzato la sua opera. E così
attraverso la madre adottiva stabilisce un rapporto telefonico
che si trasforma in vera amicizia, con il ragazzino che vive
a circa 6.000 chilometri di distanza da San Francisco, nella
fattispecie a Union City, NJ.
Di più non racconteremo anche per non rovinare la visione
della pellicola che si avvale di un finalmente misurato Robin
Williams, che riscopre tonalità recitative soffuse
ed articolate che ci riportano alla mente il suo film più
compiuto e commuovente, L’attimo
fuggente.
Resta ad ogni modo una pellicola di difficile catalogazione,
che sembra accogliere in se tracce di un già visto
ma raccontato con uno stile ipnotico ed avvolgente che grazie
alle musiche di Peter Nashel ricorda lo stile “fargo”
dei fratelli Cohen. [fabio melandri]
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